di Guia Soncini
Ma pensa te
Cuoricini sui post pieni e urne vuote anche stavolta. Come sempre, da una parte gli autocertificati intelligenti, dall’altra i vincitori
Oddio, non mi starete mica dicendo che, ancora una volta, cuoricini sui post pieni e urne vuote, ancora una volta vale quel che scriveva otto anni fa Jon Ronson della Brexit, «mentre la sinistra li irrideva, loro vincevano», non mi starete dicendo che potrei non incomodarmi a scrivere un articolo nuovo e limitarmi a ricopiare la me che nel 2016 scriveva «da una parte tutti gli autocertificati intelligenti, dall’altra i risultati elettorali»? Ma pensa te.
Oddio, non mi starete mica dicendo che ancora una volta tocca dire che Aaron Sorkin ci aveva visto lunghissimo, e andare a recuperare su Sky quell’inizio di “Newsroom” che nel 2012 ci folgorò ma che poi abbiamo deciso fosse troppo trombone per dire che ci piaceva, e invece aveva ragione Will McAvoy: «Lo sai perché alla gente non piace la sinistra? Perché perde. Se sono così intelligenti, come cazzo è che perdono sempre?». Ma tu pensa.
Oddio, non mi starete mica dicendo che ha ragione Thomas Chatterton Williams quando scrive che il problema è il prezzo che elettori d’ogni genere ed etnia vogliono far pagare ai democratici non per le loro idee ma per quanto sono stati indulgenti nel 2020 con ogni genere d’invasato, da quelli di «Defund the police» in su e in giù? Ma tu pensa.
Oddio, non mi starete mica dicendo che il parrucchiere che mi ha asciugato i capelli martedì pomeriggio, un cinese che parla in dialetto veneto, uno che certo non è abbonato al New York Times e sospetto non legga mai neanche un giornale italiano, ma mi ha detto «credo che vinca Trump perché è più attento all’economia», non mi starete mica dicendo che il parrucchiere venticinquenne capisce il mondo più degli editorialisti? Ma tu pensa.
Oddio, non mi starete mica dicendo che, nella nazione che a quelli che erano schiavi fino a un attimo prima, gli uomini neri, ha dato il diritto di voto cinquant’anni prima di decidersi a darlo alle donne, non mi starete mica dicendo che in quella nazione lì piuttosto che votare una donna votano un anziano teppista miliardario? Ma pensa te.
Oddio, non mi starete mica dicendo che facevo bene a ridere in faccia a tutti quelli che per mesi mi hanno spiegato che Taylor Swift spostava voti, che in fantastiliardi s’erano iscritti a votare dopo il suo appello, che se la cantante preferita ti dice di votare così tu, diamine, la ascolti, non mi starete dicendo che l’idea dell’egemonia swiftiana sulle elezioni dimostrava scarsa contezza del reale? Ma pensa te.
Oddio, non mi starete mica dicendo che aveva ragione quel mio amico che, vista la conversazione tra Joe Rogan e Donald Trump, aveva commentato «ci mancava solo che si mettessero a giocare con le macchinine: le donne in quel loro mondo non esistono proprio», e che tuttavia il mondo maschile nel quale le donne sono fuori posto si estende ben oltre lo studio di Rogan, da “Tintoria” a “Propaganda”, e all’elettorato quel mondo delle stanze dei giochi separate non dispiace più di tanto, e le donne se ne catafottono se il conduttore non ha argomenti di conversazione con loro, le donne vogliono anche loro pagare meno tasse? Ma pensa te.
Oddio, non mi starete mica dicendo che, quando J.D. Vance dice «domani portiamo fuori l’immondizia, e il nome dell’immondizia è Kamala Harris», e la conduttrice di Msnbc sgrana gli occhioni e fa rimandare in onda tre volte il filmato, e poi dice che la corsa dei repubblicani finisce lì, perché noi donne siamo abituate alle vessazioni, ma non potete chiamarci spazzatura, non mi starete mica dicendo che a quel punto il pubblico pensa «ma è una risposta al “garbage” di Biden, cosa c’entra che la candidata è una donna», non mi starete mica dicendo che la corsa non finisce quando lo dice la tipa alla tele? Ma pensa te.
Oddio, non mi starete mica dicendo che mentivano, o che non avevano capito il mondo, tutte le intellettuali che da settimane ci spiegavano che stavolta non ce n’era per nessuno, stavolta anche l’Iowa da sempre repubblicano lo vincerà Harris, lo dice anche la più brava sondaggista in circolazione, ma è ovvio sia così, le donne sull’aborto si compattano, le mogli votano Harris di nascosto dai mariti, l’ha detto anche Julia Roberts, vuoi non credere alle analisi politiche delle attrici? Ma pensa te.
Oddio, non mi starete mica dicendo che l’elettorato bada più a quanto costi il latte che alle brutte cose che i maschi repubblicani dicono alle avversarie politiche, più all’inflazione che al non binarismo di genere, più all’economia che ai pronomi? Ma pensa te.
Oddio, non mi starete mica dicendo che il metodo che da sempre funziona per i mariti che menano le mogli, quello «torna da me, cara, questa volta sarà diverso», non ha funzionato quando la candidata del partito che non aveva finora fatto una legge sull’aborto ha spiegato a quella moglie perpetuamente menata che è l’elettorato che solo votando lei ci sarebbe infine stata una legge sull’aborto, non mi starete mica dicendo che «mi piaccion le fiabe, raccontane altre» non è una strategia politica vincente? Ma pensa te.
Oddio, non mi starete mica dicendo che l’America non è fatta a forma della Ethical Culture Fieldstone School, che per sessantacinquemilacinquecentoquaranta dollari l’anno dà i compiti a casa ai vostri puccettoni ogni giorno dell’anno scolastico tranne martedì, e li interroga ogni giorno tranne ieri, perché lo stress elettorale è troppo, e anzi se volete stare a casa un giorno siete giustificati, e comunque ci sarà lo psicologo tutta la settimana.
Jerry Seinfeld, due dei cui figli erano iscritti alla Fieldstone, gli ha cambiato scuola, dicendo al New York Times che per una retta dall’importo immorale insegnano ai loro studenti a essere tremebondi invece di affrontare la vita. Mi state dicendo che il trauma che le elezioni provocano a un liceale non è un’idea convincente per alcuni rispettabili genitori di sinistra? Ma pensa te.
Oddio, non mi starete mica dicendo che Donald in arancione, con la divisa dei netturbini addosso, che dice al pubblico del comizio che non se l’è tolta perché gli hanno detto che lo fa più magro, è più in sintonia con l’elettorato e le sue preoccupazioni estetiche di quanto lo sia la figliastra di Kamala Harris su Vogue? Ma pensa te.
Oddio, non mi starete mica dicendo che, quando Obama nei comizi a sostegno della Harris diceva che McCain sì che era un gran signore, McCain sì che era un politico serio, McCain sì che nel 2008 era stato un avversario valido, McCain sì che era come i repubblicani dovrebbero essere, non mi starete dicendo che ogni volta l’elettore medio, quello che sta a casa davanti alla tele e non al comizio di Obama a sventolare bandierine, l’elettore medio pensava esattamente la cosa che pensavo io, e quella cosa era «e infatti John McCain ha perso»? Ma pensa te.
Oddio, non mi starete mica dicendo che nel paese in cui le donne fino al 1974 non potevano aprirsi un conto corrente senza la firma del padre o del marito, fino al 1920 non avevano il diritto di voto, nel 2024 non hanno il congedo di maternità retribuito per legge ma solo per generosità di alcune aziende, ma in compenso il partito di sinistra si è molto speso perché chi vuol essere chiamata «signorina» lo sia anche se ha il cazzo, non mi starete dicendo che in quel paese lì è più probabile che nel 2028 il partito democratico chieda di candidarsi a Biden che a una donna, dopo che Trump le donne le ha battute in due diverse elezioni e pare chiaro che candidare una donna sia un bel gesto dal non bellissimo esito? Ma pensa te.
Oddio, non mi starete mica dicendo che la donna indiana che queste elezioni hanno portato a presenziare alla cerimonia d’insediamento del 20 gennaio è la moglie di J.D. Vance e non quella di Doug Emhoff? Ma pensa te.
Oddio, non mi starete mica dicendo che ha di nuovo ragione James Carville. James Carville, «il più sveglio figlio di puttana a essersi mai guadagnato da vivere in questo settore», James Carville che nel 1992 fece del governatore dell’Arkansas un presidente, James Carville che Bill Clinton lo fece vincere con lo slogan con cui si può spiegare ogni elezione, «It’s the economy, stupid», James Carville sul quale c’è un nuovo documentario, girato da quel gran genio di Matt Tyrnauer (il regista di “Valentino – The last emperor”).
Non mi starete mica dicendo, ma pensa te, che già solo dal titolo del documentario, senza neanche bisogno di vederlo, avremmo dovuto rimettere in ordine le priorità. “Winning is everything, stupid”.
Oddio, non mi starete mica dicendo ma noi siamo per il bel gioco, per il vincere pulito, per il vincere dicendo le cose giuste, per il bon ton, per le giuste cause anche quelle di cui all’elettorato frega niente nientissimo, non mi starete mica dicendo che ancora una volta pensavate che, in condizioni normali, vincessero i buoni, e non quello cui piace la fi’, la so’, la fre’ più delle opere di Brecht? Ma pensa te.
(Peter Herrmann)