FRAMMENTI
Un altro venerdì della vergogna per il trasporto pubblico. Giorni fa il segretario della Cgil, Maurizio Landini, ha detto che vi sono oggi in Italia tutti gli ingredienti – a partire dalla perdita di potere d’acquisto dei salari e degli stipendi – per giustificare una rivolta sociale. Frase, a dir poco, infelice.
Ma chi avrebbe veramente diritto di rivoltarsi è il passeggero e viaggiatore vittima di ripetuti scioperi che ormai non hanno più fasce di garanzie.
Nella sola città di Milano, nel 2024 siamo già a dodici giornate di astensione, di cui 9 nazionali. Ovvero la metà di un mese lavorativo. E immagino che oggi (spero di essere smentito) nessun leader sindacale avrà una parola di solidarietà nei confronti di milioni di pendolari. Sono lavoratori anch’essi, con i loro diritti.
Nei giorni scorsi vi è stato un grave attentato a un controllore, al quale va tutta la nostra solidarietà. La questione sicurezza dei dipendenti delle aziende di trasporto è grave e ineludibile. Ma perché uno sciopero per condannare il gesto criminale di chi non ha pagato il biglietto ha penalizzato milioni di viaggiatori che il biglietto lo pagano regolarmente?
Vi è poi l’enorme e inaccettabile potere di piccole sigle sindacali, con pochi iscritti, di proclamare direttamente un’astensione dal lavoro, magari con poche adesioni, ma in grado di seminare incertezze e caos. Questo diritto dovrebbe essere lasciato solo alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, che hanno firmato i contratti nazionali.
Le altre accettino di sottoporre la proposta di sciopero a un referendum preventivo. Così tanto per tutelare un po’ di più i diritti dei passeggeri che nella giornata di oggi sono stati semplicemente cancellati. Come se fosse normale, inevitabile.
(Getty Images)