E Mosca spinge le voci sul «sostituire» Zelensky (corriere.it)

di Lorenzo Cremonesi

L'agenzia russa Tass: gli Stati Uniti vogliono 
nuove elezioni. 

E sui social gira lo sfottò di Donald Jr. Trump

Mosca spinge le voci sul «sostituire» Zelensky, lo sfottò di Donald jr.

Davvero il dipartimento di Stato americano starebbe lavorando per organizzare le elezioni ucraine al fine di sostituire il «presuntuoso» Volodymyr Zelensky?

Lo sostiene da Mosca l’agenzia di stampa russa Tass citando il Servizio dell’intelligence estera. Vista da Kiev la notizia appare semplicemente ridicola. Non ne parla nessun politico, neppure i più critici del presidente, e non si trova alcun accenno in proposito sui media locali.

«Pura propaganda, la solita disinformazia della dittatura di Putin», si limitano a commentare ufficiosamente i portavoce di rango più basso, se proprio tirati per la giacca, ma desiderosi di non dare alcun peso al tema.

C’è da aggiungere che il figlio di Trump ha postato sui social una foto di Zelensky con la didascalia: «Pov, punto di vista: mancano 38 giorni alla perdita della tua paghetta». Un’ambigua provocazione? I 38 giorni potrebbero riferirsi al 17 dicembre, quando i grandi elettori in Usa si riuniranno per esprimere il loro voto per il presidente e il suo vice in base ai risultati del 5 novembre.

E il messaggio sembra ribadire l’intenzione di Trump di bloccare l’invio di aiuti all’Ucraina al più presto. Ma tutto ciò deve essere ancora verificato e non è neppure detto che nel caos delle fake news anche questo non sia un falso.

Quanto alla questione delle elezioni, la posizione ufficiale ucraina non è mai cambiata dall’entrata in vigore della legge marziale promulgata dal presidente nel primo giorno dell’invasione russa il 24 febbraio 2022. Un passo ritenuto legittimo dalle forze politiche locali e contemplato dalle convenzioni internazionali nella circostanza eccezionale dell’aggressione armata contro uno Stato sovrano.

In questo contesto, Zelensky ha l’autorità di bloccare il normale gioco democratico e la tenuta delle elezioni sino alla fine della guerra. Nessun leader dell’opposizione o partito politico ha mai protestato sino ad oggi. In Ucraina resta solido il consenso per cui si voterà appena dopo la fine della guerra e lo stesso Zelensky lo ha ripetuto più volte durante gli ultimi quasi 1.000 giorni di crisi militare.

Lo scorso 25 ottobre il capo dell’ufficio presidenziale e uomo forte dell’esecutivo, Andriy Yermak, nella sua intervista al Corriere si è dilungato nell’argomentare i motivi dell’impossibilità del voto mentre ancora sparano i cannoni. «Il processo elettorale è soltanto momentaneamente sospeso, certo non annullato.

L’Ucraina era e resta un Paese democratico deciso ad entrare in Europa seguendo le regole comunitarie», ci ha spiegato. «Ma i motivi del rinvio delle elezioni sono evidenti per almeno tre ragioni. In primo luogo, la libera competizione politica rischia di dividere il Paese in un momento in cui serve invece la coesione interna per fare fronte all’aggressione.

Secondo: la popolazione nei territori occupati non potrebbe avere accesso alle urne e la cosa sembrerebbe legittimare l’abuso russo. E anche i soldati al fronte avrebbero enormi difficoltà nell’esercitare il loro diritto. Terzo: milioni di nostri concittadini sono profughi all’estero e torneranno solo dopo la fine del conflitto».

C’è da aggiungere che gli ultimi sondaggi danno la popolarità di Zelensky al 59 per cento, in forte diminuzione rispetto al 90 nei primi giorni del conflitto. Secondo alcuni rilevamenti dell’Università di Leopoli, potrebbe essere addirittura scesa tra il 40 e 30 per cento.

Parecchi commentatori fanno il paragone con Churchill, che condusse l’Inghilterra alla vittoria contro il nazismo, ma venne sconfitto alle urne appena dopo la fine della guerra.

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