di Pierre Haski, France Inter, Francia (Traduzione di Andrea Sparacino)
Israele-Palestina
Bezalel Smotrich è il ministro delle finanze di Israele, incaricato dell’amministrazione civile della Cisgiordania occupata.
In piena guerra, questo leader di un partito di estrema destra ed esponente della coalizione di Benjamin Netanyahu ha gettato benzina sul fuoco annunciando che, entro il 2025, partirà l’annessione della Cisgiordania.
La sua presa di posizione è chiaramente una conseguenza dell’elezione di Donald Trump negli Stati Uniti. Smotrich pensa che sia possibile creare una dinamica favorevole al suo programma di colonizzazione di ciò che resta dei territori palestinesi. Già in occasione del primo mandato, Trump aveva trasferito l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme e riconosciuto l’annessione delle alture del Golan siriano, inglobate dallo stato ebraico dopo la guerra del giugno del 1967.
La dichiarazione del ministro sull’annessione della Cisgiordania ha suscitato la condanna del capo della diplomazia europea Josep Borrell, che ha ricordato come sia totalmente illegale sul piano del diritto internazionale. Netanyahu non ha reagito, riservandosi la possibilità di decidere a tempo debito.
Ormai da anni il primo ministro israeliano e i suoi alleati politici girano intorno a questa idea. In passato vi avevano già rinunciato una prima volta per non compromettere il processo degli Accordi di Abramo, il processo di creazione di rapporti diplomatici con diversi paesi arabi.
I due partiti di estrema destra, quello di Smotrich e del ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir, sostengono il progetto della “Grande Israele”, senza lasciare alcuno spazio al compromesso.
Oggi, con un alleato come Trump alla Casa Bianca e un rapporto di forza militare nuovamente favorevole a Israele dopo la distruzione della Striscia di Gaza e i bombardamenti massicci in Libano, i sostenitori dell’annessione sentono di avere il vento in poppa. Chi potrà opporsi all’interno di una comunità internazionale spaccata e impotente?
In Cisgiordania vivono circa tre milioni di palestinesi che sono sottoposti all’occupazione fin dal 1967 e continuano a subire il furto delle loro terre da parte di 450mila coloni israeliani. Per comprendere la vita quotidiana di questi palestinesi basta guardare No other land (Nessun’altra terra), un documentario che esce oggi in Francia.
Il film è stato realizzato da un israeliano e da un palestinese, Yuval Abraham e Bassel Adra, che sono diventati amici e hanno immortalato per anni le persecuzioni subite da una comunità palestinese nel sud della Cisgiordania da parte sia dell’esercito israeliano sia dei coloni. Il giovane palestinese ha filmato anche l’omicidio di suo cugino da parte di un colono. Sono immagini che illustrano eventi tristemente frequenti.
All’inizio dell’anno No other land è stato premiato al festival di Berlino, mentre la settimana scorsa, a Parigi, i due registi hanno ricevuto il “premio per il coraggio giornalistico” dalle mani del ministro degli esteri francese Jean-Noël Barrot.
La loro testimonianza non può in alcun modo fermare il rullo compressore della colonizzazione, così come non ha potuto impedire a Smotrich di venire a Parigi il 13 novembre per partecipare a una riunione pubblica dei sostenitori del suo programma. Imbarazzato, il governo francese lascia fare negando qualsiasi contatto con il controverso ministro. Evidentemente l’era Trump è già cominciata.