di Gregorio Dimonopoli
Proverei a ragionare con calma, lasciando da parte le ennesime contrapposizioni preconcette e. soprattutto, se non si conoscono le situazione/zona di persona.
E non mi fido di chi non abbia mai dubbi. Elemento ormai trascurato in tante arene on line (vedi sotto). Premettendo che sono nato e cresciuto nella zona ben sessant’anni fa, ritengo siano da mettere in fila informazioni concrete e non supposizioni o peggio.
Questo spazio fu occupato.
Lo stesso rimase nel limbo dell’illegalità fino a che non venne raggiunto un accordo – udite udite – con l’amministrazione Guazzaloca, il primo mangia comunisti bolognese verace nel 1999. Detto ciò, nulla rimase di definitivo, formale, solo una pallida tolleranza reciproca tra ente pubblico e abusivi. Contemporaneamente si è creata una narrativa, a tratti forse un po’ eccessivamente romantica ma anche reale di lavoro con la collettività. Ecco, proprio qui nasce un primo quesito: perché una collettività antagonista, a detta loro, può decidere autonomamente cosa serve o meno alla società che la circonda? Mi spiego. Non c’è mai stata concertazione, per quanto si evince dalla pubblicistica di tanti anni, con i servizi sociali territoriali del Comune affinché si potessero affrontare, congiuntamente, progettazioni di supporto ai bisogni e, in primis, in un’ottica di sussidiarietà complementare. No, era pericoloso. Sarebbe stata una compromissione con lo Stato Odiato (Comune e Quartiere compresi).
A Bologna esistono, con fatica e merito, circa 250 associazioni che quotidianamente intervengono anche su necessità primarie alla Persona, e ciò vale anche per l’ambito culturale, che personalmente considero anch’esso un bene primario. Queste organizzazioni sono iscritte ad un registro pubblico, e che consente loro di partecipare a bandi, finanziamenti, convenzioni. Non quindi una lista di proscrizione, come forse qualcuno pensa. Gli occupanti hanno da sempre rivendicata una loro non iscrizione ad alcuna formale ragione sociale che consentisse al Comune di sapere chi fossero gli interlocutori realmente legittimamente rappresentanti di quella realtà. Aspetto non secondario per intrattenere relazioni ed eventuali contrattazioni.
Aggiungiamoci inoltre che solo in tempi recenti, a mio avviso perché si era compreso che non si poteva andare oltre in questa indefinitezza dei rapporti, questa organizzazione si dà una “forma” e decide di partecipare, insieme ad altre associazioni, ad un bando comunale per l’assegnazione di spazi pubblici, peraltro a pochi metri dall’attuale stabile in via di sgombero. Bando vinto, quindi l’esperienza potrebbe continuare. Invece no. Dopo poco viene detto che gli spazi sono insufficienti. E via a nuove contestazioni, trattative, ecc.. E qui allora mi interrogo: se si era aperto un canale perché non ripartire proprio da lì invece di ripristinare di nuovo conflittualità? Anche mettendo in sviluppo un progetto logistico successivo, ma almeno sul piano di una legalità ora invece ricontrattata attraverso un’inutile farsa enfatica. Il Comune, per la precisione documentale, non speculerà su quello spazio bensì creerà in forma co-housing dieci appartamenti. Un risposta ad un bisogno importante.
Come detto in apertura, sono nato e vissuto sempre qui, in questo quartiere. Tutte le mie amicizie e i mie compagni di scuola sono, quasi tutti, ancora qui. Tralascio di alcuni di loro racconti di nottate in bianco nei weekend cause feste protratte fino al mattino, anche per non facilitare imbarazzanti speculazioni di politici reazionari locali e non. Meglio soffermarsi invece sul quanto, tanto, di buono poteva essere rilanciato con uno sforzo di minimo buon senso, ma che richiede due interlocutori e non un unico proponente. Le regole non sono sempre e solo una “vigliaccata repressiva”. Mi spiace, sinceramente.
Ma è importante entrare ancor meglio e leggere i dettagli che, fuori da narrazioni con eccessivi omissis di una parte, vengono ricostruiti dal Presidente del Quartiere Navile, Daniele Ara. Poi Libertà di riflessione.
Cara Concita, in merito alla lettera, da te pubblicata, del signor Stefano Leonardi sulla vicenda del centro autogestito XM24, come presidente del Quartiere Navile, che comprende la zona Bolognina, vorrei condividere con i tuoi lettori la mia opinione. Da persona informata sui fatti…
La Bolognina vive da oltre 30 anni una costante trasformazione urbana e sociale, la deindustrializazione della zona a nord della stazione ferroviaria ha portato cambiamenti molto importanti e siamo tutti impegnati a far vivere e crescere un quartiere dove, alla coesione garantita da tutto ciò che ruotava attorno al mondo del lavoro, si consolidi un quartiere giovane – seppur ricco di memoria della storia del ‘900- dinamico, multiculturale, fatto di commercio di qualità e una nuova economia della conoscenza, grazie alla presenza dell’Università, del Cnr e del futuro Tecnopolo. Un quartiere attrattivo perché autentico, vicino al centro storico, pieno di servizi e di socialità, collegato alla stazione e all’aeroporto. Per di più anche meta del turismo che a Bologna vive un boom impensabile fino a pochi anni fa.
La questione XM24 si inserisce in questa fase storica della Bolognina, pensare che l’antidoto alla rottura di quelle dinamiche e relazioni sociali possa essere l’impostazione attuale di quel centro sociale è fuorviante. XM24 sta in un immobile del Comune (concesso dalla giunta Guazzaloca ma senza una convenzione, poi sottoscritta con giunte di centrosinistra, anche su mia richiesta) avendo una completa autonomia e spesso entrando in conflitto con la rigenerazione della Bolognina.
Certo, ha consenso in una parte della città, ma ha rifiutato sistematicamente collaborazioni per rendere gli eventi musicali compatibili con la tranquillità dei residenti, pensionati e lavoratori, per lavorare contro il vandalismo grafico invece che incentivarlo, per costruire un clima di rispetto reciproco nell’ottica di affrontare problemi di illegalità. Le continue offese alle forze dell’ordine di questi anni, ad esempio, non possono essere accettate quando arrivano sistematicamente da uno spazio dato in concessione dall’Amministrazione Comunale, dalla collettività quindi.
Ad Xm24 sono stati offerti percorsi che non sono stati accettati, al contrario di tutte le realtà autogestite della città che, collaborando, hanno trovato una sistemazione duratura. Auspico ancora che possano uscire da quell’immobile, destinato dal Comune per il co housing sociale (stiamo investendo fortemente in Bolognina sull’edilizia pubblica e non in progetti speculativi!), accettando una soluzione ponte temporanea e trattando poi con un privato per un affitto alla luce del sole. Sono consapevole di alcune attività importanti che si svolgono all’interno di quello spazio, potranno trovare occasioni nel nostro quartiere ma è il momento di fare un salto di maturità.
Dico al signor Leonardi che continuo come lui ad essere combattivo per affrontare le sfide che abbiamo di fronte e sarebbe un piacere parlare con lui di Bolognina e delle solide radici nel ‘900, della rinascita del mercato Albani, del nuovo centro Katia Bertasi, del Museo della Memoria, della rinascita del Dopo Lavoro Ferroviario e di tanto altro.
Grazie per l’attenzione,
Daniele Ara, presidente del quartiere Navile di Bologna