«Non si tratta solo di cedere regioni. Lo zar cerca la fine dell’Ucraina» (corriere.it)

di Lorenzo Cremonesi

L’intervista/Anne Applebaum

Kiev «Chi fermerà l’aggressione di Putin? Il nocciolo del problema non è convincere gli ucraini a smettere di combattere, ma piuttosto persuadere i russi a farlo».

Anne Applebaum esordisce così nella nostra intervista. La nota studiosa polacco-americana, esperta di Russia ed Europa orientale, ci risponde per telefono da Vienna.

Trump promette di porre fine alla guerra velocemente. Scholz telefona a Putin. Siamo all’inizio dei negoziati?

«A me preoccupa che tanti parlino di convincere gli ucraini a smettere di sparare, quando sono i russi che continuano ad attaccare. Dal giorno delle elezioni americane, Mosca ha moltiplicato le offensive e incrementato i raid di droni, missili e aerei: stanno provando come non mai a lanciare blitz nella regione di Kursk e nel Donbass. Putin ha concentrato nuove truppe e armamenti di rincalzo proprio con questo obbiettivo».

Però?

«Purtroppo non ho ancora sentito nessun leader alleato affermare nello specifico che occorre costringere i russi a bloccare l’aggressione. Non da Trump, non da Scholz o altri. Sono in tanti a parlare della necessità di avviare i negoziati, di contattare personalmente Putin. Si dice: magari l’Ucraina rinuncerà a questo o quell’altro pezzo del suo territorio. Bene! Magari finirà così. Però intanto si dimentica che in verità Putin non ha mai rinunciato al suo obbiettivo principale, che è quello di distruggere l’Ucraina come Stato sovrano, rimuoverla dalla mappa geografica».

Dunque, non è cambiato nulla dall’invasione ordinata da Putin mille giorni fa?

«Qualsiasi processo negoziale che non porti alla preservazione dello Stato ucraino e non ne garantisca la sicurezza contro ogni possibile futuro assalto russo sarà soltanto una soluzione temporanea. Onestamente, non ho capito di quale soluzione stiano parlando tra Scholz e Putin».

Come finire la guerra?

«Ci sono vari modi. Si può vincere sui campi di battaglia, ma l’amministrazione Biden non l’ha favorito. Possiamo imporre più sanzioni, con un embargo rafforzato sull’export energetico russo e per esempio facilitando gli attacchi ucraini contro i porti, i gasdotti e oleodotti. Possiamo anche lavorare con le opposizioni interne alla Russia. Oppure offrire la carota di accordi economici particolarmente vantaggiosi. Il punto è come fare per costringere i russi a ritirarsi. Sino ad ora tutti coloro che parlano di negoziati mi sembrano irrealistici. La questione non è se l’Ucraina può rinunciare o meno al Donetsk. Piuttosto si tratta di capire se alla fine del negoziato l’Ucraina potrà ancora esistere come Stato funzionante, capace di stare sulle sue gambe. Perché, se si arriva a qualche forma di accordo che lasci l’Ucraina debole e instabile, sarebbe una catastrofe: la Russia attaccherà ancora e tutti si volteranno dall’altra parte. Ogni tanto sentiamo qualche fedele di Trump ripetere che basta tagliare alcuni pezzi di Ucraina e tutto andrà bene: non sanno di cosa parlano, sarebbe il collasso».

Non c’è alcun piano di pace?

«Non lo vedo. Non credo che si sappia di cosa si sta trattando e non credo lo sappiano neppure coloro che parlano di piani di pace nel circolo di Trump. Prima delle elezioni figure come l’ex segretario di Stato repubblicano Mike Pompeo avevano accennato alla possibilità di aumentare gli aiuti militari per Zelensky, ma adesso non più. Se mandassimo mille aerei o quadruplicassimo l’invio delle artiglierie magari potrebbe funzionare, però non è all’ordine del giorno».

Cosa può fare Bruxelles?

«L’Europa necessita di elaborare subito, adesso, la sua politica indipendente di aiuti all’Ucraina. L’Europa e in particolare voi italiani dovreste capire che, se la guerra finisce male e l’Ucraina verrà distrutta, voi non avrete risparmiato, anzi, poi fermare la Russia sarà molto ma molto più costoso, le spese per la sicurezza saranno immense, i rischi infinitamente più gravi. Cresceranno i piani russi di sabotaggio, assassinii mirati, guerra informatica, interferenze politiche, economiche».

Se Zelensky sotto la pressione alleata facesse troppe concessioni a Putin rischierebbe una rivolta interna?

«È un rischio reale e va tenuto in considerazione. Zelensky deve tenere conto che esiste una cospicua parte della popolazione ucraina e delle sue forze combattenti contraria al compromesso territoriale con la Russia».

Quali segnali arrivano da Putin?

«Nessuno incoraggiante. Anche lui però deve fronteggiare gravissimi problemi interni. L’economia e l’inflazione peggiorano di giorno in giorno. Ha interi settori della sua economia paralizzati. Aveva promesso che la guerra sarebbe finita in tre giorni e sta arrivando al terzo anno: nulla lascia credere che la gente sostenga l’impegno militare. Tutt’altro. Versa enormi salari ai soldati per motivarli, tanti vanno al fronte soltanto per potere pagare l’affitto. Gli mancano uomini e deve chiedere aiuto alla Corea del Nord. Per gli alleati è il momento di attaccare, non di cedere».

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