L'intervento durante la presentazione della fondazione dedicata alla memoria della ragazza uccisa da Filippo Turetta:
dal patriarcato come ‘ideologia’ al legame tra violenza sessuale e immigrazione
Lunedì mattina alla Camera dei Deputati è stata presentata la fondazione dedicata alla memoria di Giulia Cecchettin, la giovane donna vittima di femminicidio per mano del suo ex fidanzato, il reo confesso Filippo Turetta. Già all’indomani della sua scomparsa, la famiglia di Giulia si è impegnata in maniera concreta affinché il tragico femminicidio della giovane diventasse un’occasione di riflessione e condanna unanime nei confronti della violenza maschile contro le donne.
A un anno dalla scomparsa di Giulia, suo padre Gino ha presentato la fondazione a lei dedicata alla presenza di giornalisti, giornaliste e autorità. Prima che Gino Cecchettin prendesse la parola, sono intervenuti due rappresentati del governo guidato da Giorgia Meloni: la ministra per le pari opportunità Eugenia Roccella e il ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara.
L’intervento di Roccella è stato misurato nei modi e nei toni. La ministra ha sottolineato le radici antiche della violenza contro le donne e, a riprova di quanto affermato, ha sottolineato che il fenomeno è radicato anche nei paesi considerati evoluti come la Finlandia.
Nel rivendicare le azioni messe in pratica dal governo (“il primo guidato da una donna” ha ribadito), Roccella ha posto l’attenzione soprattutto sulle misure come il codice rosso e la pubblicazione del “Il libro bianco” che aiuterà degli operatori e le operatrici del settore.
Nelle parole di Roccella ha prevalso l’aspetto securitario, in contrasto proprio agli obiettivi formativi e di sensibilizzazione che si pone la Fondazione Giulia Cecchettin. Piccolo particolare: riferendosi al 25 novembre, la ministra Roccella ha parlato genericamente di “giornata contro la violenza” e non di “giornata internazionale per il contrasto della violenza maschile contro le donne”, come sarebbe corretto fare.
Patriarcato e immigrazione, cosa ha detto il ministro Valditara
La parola è poi passata al ministro Valditara che, non potendo essere presente, ha mandato un video-intervento. Valditara ha esordito con alcuni luoghi comuni sul tema per poi entrare nel cuore della questione secondo lui. “Esistono due strade – ha detto il ministro – una concreta e l’altra ideologica”, per Valditara questa seconda strada non risolverebbe il problema della violenza contro le donne e quindi non andrebbe battuta.
A cosa si riferisce Valditara? Alla lotta contro il patriarcato. “Massimo Cacciari indubbiamente esagera quando dice che il patriarcato è morto duecento anni fa. Il patriarcato come fenomeno giuridico è finito con la riforma del diritto di famiglia del 1975”. Eppure fu proprio la sorella di Giulia, Elena Cecchettin, a puntare il dito contro il sessismo strutturale e quindi contro il patriarcato.
Lo fece con un’intervista al programma Dritto e rovescio su Rete 4 ma anche con una dura lettera al Corriere della Sera in cui scriveva: “Turetta viene spesso definito come mostro, invece mostro non è. Un mostro è un’eccezione, una persona esterna alla società, una persona della quale la società non deve prendersi la responsabilità. E invece la responsabilità c’è. I «mostri» non sono malati, sono figli sani del patriarcato, della cultura dello stupro”.
Ma Valditara non si è fermato qui.
Nel suo discorso ha anche accostato il tema della violenza di genere con la questione migratoria affermando che “occorre smettere di non non vedere che l’incremento dei fenomeni di violenza sessuale è legato anche a forme di marginalità e di devianza in qualche modo discendenti da un’immigrazione illegale”. Secondo i dati aggiornati al 2022 riportati da D.i.Re, la rete dei centri antiviolenza presente in tutto il territorio nazionale, gli autori delle violenze sono prevalentemente italiani (solo il 26% ha provenienza straniera): “questo dato – dice il rapporto – mette in discussione lo stereotipo diffuso che vede il fenomeno della violenza maschile sulle donne ridotto a retaggio di universi culturali situati nell’altrove e nei paesi extracomunitari”.
Sempre secondo questo rapporto “nel 74,2% dei casi (80,5% nel 2022, 79,8% nel 2021) la violenza viene esercitata da un uomo in relazione affettiva con la donna. Se a questo dato si aggiunge la percentuale dei casi in cui l’autore è un familiare si arriva a oltre l’84%. Tali dati presentano un andamento simile a quello risultante dall’indagine ISTAT del 2022: partner, ex partner e familiare/parente rappresentano il 90% circa”.
Infine, Valditara ha annunciato che il tema della violenza di genere verrà trattato all’interno delle ore di educazione civica. Non sono previsti moduli specifici o corsi di formazione per insegnanti, anzi, le ore sottratte all’insegnamento dell’educazione civica saranno improntate a parlare di un generico rispetto della persona e di contrasto a tutte le discriminazioni.
Tradotto: verranno tolte ore all’educazione civica senza un vero e proprio obiettivo specifico. Nessun modulo sull’educazione affettiva, nessun modulo sull’educazione sessuale (il numero di contagi per malattie sessualmente trasmissibili sta crescendo soprattutto tra gli e le adolescenti eterosessuali), nessun piano straordinario di contrasto alla violenza maschile contro le donne. Del resto il patriarcato è morto, lo dice persino Cacciari!
Da più di un anno ormai, Gino Cecchettin ha impiegato tutto il suo immenso dolore affinché nessun altra donna debba morire per mano maschile, nessun altra famiglia debba piangere vittime innocenti. In questi anni il numero dei reati in generale e degli omicidi in particolare è calato, solo il numero dei femminicidi è rimasto stabile quando non è aumentato.
Per questo e per i dati riportati dai centri antiviolenza, possiamo affermare che con le sue parole, il ministro Valditara non ha solo offeso la memoria di Giulia Cecchettin, ma anche tutte le donne che in varie forme hanno subito o stanno subendo violenza per mano maschile.