di Luigi Chiarello
Per celebrare i mille giorni di guerra in Ucraina Putin ha deciso di cambiare dottrina nucleare, minacciando il ricorso all'atomica.
Il decreto è stato firmato dopo l’ok di Biden a Kiev per l’uso di missili a lungo raggio (Atacms) in territorio russo.
La luce verde di Washington riguarda solo il Kursk, dove operano 8mila degli 11mila soldati inviati dalla Corea del nord a supporto del Cremlino. Ma, per rendere più aggressiva la minaccia di Mosca, è stato postato su X il frammento di una trasmissione della tv di stato russa, andato in onda a luglio, in cui si narrano le capitali europee nel mirino delle armi nucleari di Putin.
«Sono tutte minacciate», diceva il conduttore: «Ma Berlino, Vienna, Parigi, Varsavia, Bucarest e Praga si distinguono, oltre ai paesi baltici». E ancora: «Da Kaliningrad si attaccheranno quattro basi Usa in Germania. Da Severomorsk», città artica nella penisola di Kola, sede del quartier generale della flotta del nord da cui sono decollati attacchi all’Ucraina, «partiranno i missili verso Londra, Manchester, Devonport (base della Royal Navy), Birmingham» e altri siti «in Scozia».
Si tratta di pura comunicazione acchiappa-click, tesa a intimidire le opinioni pubbliche occidentali per acuirne le divisioni. Dalle minacce, infatti, viene esonerato il fianco Sud della Nato. Zero attenzioni per Spagna, Portogallo, Italia, Grecia e Turchia, come a sancire l’apprezzamento russo per la postura non allineata di Ankara o gli aut aut di Roma a Kiev sull’impiego delle armi.
Tutto, però, va letto anche sotto altra luce. Dal 4/11 fino a domenica, presso il lago Rovajärvi (Lapponia), a soli 200 km dal territorio russo, la Nato conduce la più grande esercitazione di artiglieria della sua storia in Europa (Dynamic Front): impegna 5.000 soldati da 28 paesi, mille veicoli, un poligono di tiro nell’Artico di mille kmq e teatri in 5 nazioni: Germania, Polonia, Romania, Estonia, più la Finlandia, che ha 1.340 km di confine in comune con la Russia.
Un monito al Cremlino, le cui uscite sul nucleare preoccupano pure Pechino. Intanto gli stati Ue si organizzano. Se le spese in difesa raggiungeranno nel 2024 quota 326 mld di euro (1,9% del Pil Ue), 17 paesi dovrebbero siglare martedì accordi per acquisti congiunti e sviluppo di nuove capacità su difesa aerea e missilistica integrata, guerra elettronica, munizioni, navi.
Sul piano politico, invece, Varsavia ha riunito i ministri degli esteri di Francia, Germania, Italia, Spagna e Uk per discutere di difesa europea. I sei paesi vedono con favore la nascita di eurobond per finanziarla e sostenere il target del 2% del Pil alla Nato. Si lavora, così, ad un’architettura di sicurezza aggiuntiva.
Molte cancellerie credono che l’imperialismo russo non si fermi. Il presunto sabotaggio nel fine settimana di due cavi in fibra nel mar Baltico, l’ennesimo con navi nei paraggi collegate a porti russi, lo conferma.