di Carlo Canepa
Lavoro
In un altro fact-checking abbiamo spiegato che è scorretto sostenere che ci sia stato un calo generale delle ore lavorate, nonostante la crescita degli occupati. Ma che cosa ci dicono i numeri sugli occupati che affermano di avere un lavoro part-time (ossia a tempo parziale) perché non ne hanno trovato uno a tempo pieno? Anche in questo caso, è scorretto dire che c’è stata una crescita degli occupati part-time involontari.
I dati Istat più aggiornati sul part-time involontario fanno riferimento al 2023 e sono contenuti nel “Rapporto sul Benessere equo e sostenibile” (BES), pubblicato ad aprile 2024. Lo scorso anno in Italia il 9,6 per cento di tutti gli occupati ha dichiarato di svolgere un lavoro a tempo parziale perché non ne aveva trovato uno a tempo pieno.
«In particolare, tra le lavoratrici straniere, oltre un quarto (26,2 per cento) lavora part-time suo malgrado. A tale proposito va considerato che il settore con quote di part-time involontario più elevato è quello dei servizi alle famiglie (41,1 per cento) dove si concentra l’occupazione femminile straniera».
Ricapitolando: a differenza di quanto detto da Landini in televisione, il fenomeno del part-time involontario in Italia è in calo e non in aumento, stando ai dati più recenti di Istat. Nonostante i miglioramenti, l’Italia resta tra i Paesi dell’Unione europea con la percentuale più alta di lavoratori part-time involontari sul totale dei lavoratori part-time tra i 15 e i 64 anni di età.