Il procuratore capo di Napoli accusa in tv il governo di voler assoggettare i giudici.
Non ha peli sulla lingua, Nicola Gratteri. E come potrebbe averne, si lascia andare il procuratore capo di Napoli in chiusura della puntata di Otto e mezzo: «Non avevo paura da ragazzo, figuriamoci ora che ho 66 anni e mi mancano tre anni alla pensione. Non ho paura di procedimenti disciplinari, e anche fosse ho altri tre mestieri da fare».
Da settimane soffia alto il fuoco della polemica tra governo e magistrati – come mai s’era visto dai tempi dello scontro con Silvio Berlusconi. Al centro della bufera, le decisioni dei tribunali di non convalidare i trattenimenti di richiedenti asilo nei Cpr in Albania, di fatto picconando il progetto-simbolo di questo governo per “svoltare” sul tema immigrazione. Vicenda che arriva proprio nelle settimane in cui giunge a conclusione il processo a Matteo Salvini per aver bloccato la nave Open Arms al largo di Lampedusa nell’agosto 2019. I magistrati da giorni denunciano il clima irrespirabile e che gli attacchi della maggioranza abbiano passato il segno.
E Gratteri ospite di Lilli Gruber sposa in toto quella tesi: «Se c’è un disegno per assoggettare la magistratura al potere politico? Chiunque pensa alla separazione delle carriere, poi è chiaro che l’obiettivo è quello». Gratteri considera esiziali i progetti di riforma attuati da questo governo, ivi compresa pure la stretta sull’uso delle intercettazioni.
A farsi portatore di quelle misure è pure un ministro, Carlo Nordio, che viene proprio dalle fila della magistratura. «Possibile che non sappia cosa serve ai giudici? Anche lui lo era fino a poco tempo fa…», ricorda a Gratteri la conduttrice. «Sì, a Venezia», replica gelido Gratteri. Come a dire che un conto è operare alla procura di Laguna, un altro in quelle di frontiera del Sud Italia.
«Io combatto da anni le mafie internazionali, vado in ufficio tutti i giorni prima delle 8 e esco non prima delle 21.30 da più di 35 anni, capirò qualcosa di ciò che serve?».
La replica a Elon Musk e l’autocritica sulla magistratura
Gratteri è imbufalito pure con Elon Musk, il magnate di origini sudafricane in procinto di diventare “super-consulente” dell’amministrazione Usa guidata da Donald Trump. Il patron di X è intervenuto sul suo social per chiedere che i giudici anti-Meloni se ne vadano, e ad arginare le sue scorribande è dovuto intervenire niente meno che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
«Ma come si è permesso di interferire in affari di altro Paese?», sbotta Gratteri. «L’ho visto saltare sul palco di Donald Trump come una cavalletta. Evidentemente ha preso delle vitamine. Deve averne prese un po’ troppe per scrivere cose del genere. È una interferenza inaccettabile, tutti i cittadini si devono indignare», chiosa il capo della procura di Napoli. Difesa d’ufficio su tutta la linea dei magistrati, dunque? Fino a un certo punto.
Perché Gratteri riconosce che i togati devono non solo essere, ma anche apparire inattaccabili, distanti da ogni appartenenza politica. «Dobbiamo preoccuparci della nostra credibilità, la gente deve fidarsi di noi nel momento in cui ne ha bisogno per sporgere una denuncia: non dobbiamo apparire né di destra né di sinistra».
Lui comunque tira dritto, con la “sua” ricetta personale, perfino in tema di infrastrutture digitali. «Il pc che mi ha fornito il ministero della Giustizia non lo uso, sta lì su una mensola da tre anni. Uso un altro pc che costa il triplo che mi sono comprato io, così come il telefonino dove non ho una sola app. Ci vuole una svolta sulla sicurezza dei dispositivi che con Consip non è possibile assicurare».
Lui a Napoli comunque ci sta benissimo: «È la procura più grande d’Europa, è molto stimolante, faccio riunioni di continuo, anche mentre mangio», dice con un sorriso a Lilli Gruber.