L’auto senza freni di Putin (corriere.it)

di Marco Imarisio

Muscoli e dilemmi

Adesso che i principali contendenti hanno entrambi mostrato i muscoli, si potrebbe finalmente parlare di diplomazia.

Anche perché almeno per un paio di mesi la situazione rimarrà fluida, e per questo ancora più pericolosa. In questi giorni a Mosca sta girando molto una scenetta presa da un programma comico in onda su un canale nazionale. Un attore che somiglia in modo straordinario al giovane Vladimir Putin disegna con il dito indice la parabola di un missile a media gittata, e poi fa «boom» con la bocca, simulando con le mani una grande esplosione.

Davanti a lui, un altro attore che impersona in modo caricaturale Donald Trump, chiede se quella è una minaccia. Suscitando l’ilarità del pubblico in studio, il finto Putin replica così. «Ma figurati, stavo solo imitando il salto di una cavalletta nella farina».

Le barzellette sull’ottusità occidentale e sulla nostra incapacità di capire le parole pronunciate dal presidente russo riscuotono sempre grande successo. Ma forse anche i russi dovrebbero ridere di meno, pensando al fatto che non c’è alcuna certezza sulle prossime mosse del loro caro leader. Il mondo intero si chiede cosa farà il Cremlino. La verità è che non lo sa nessuno.

L’unica risposta onesta alla domanda che angoscia tutti, è questa. Al momento, il lancio del nocciolo, così si traduce Oreshnik, il nome del nuovo missile balistico, serve a cementare il monumento che Putin ha eretto a sé stesso. Uno Zar lascia le chiacchiere ai sottoposti. Uno Zar agisce, e spaventa il nemico.

L’intervento a sorpresa di Putin, apparso all’improvviso sugli schermi televisivi di tutto il Paese poco dopo le 20 di giovedì, è stato duro nella sostanza ma pacato nel tono. Senza le note gravi di alcuni suoi precedenti interventi. Nessuna ora fatale, nessuna frase visionaria sul destino della nazione.

Persino qualche elemento conciliante, come la promessa di avvisare in anticipo le popolazioni che saranno l’eventuale bersaglio della nuova bomba. Il tutto declinato con un senso di superiorità interiore. Sembrava quasi che ci tenesse a mostrare di sapere qualcosa che noi ancora ignoriamo.

Per quanto breve, il discorso ha suscitato l’effetto voluto. «Da ormai due anni sostengo che questa storia finirà con ultimatum missilistico» ha detto la fedelissima Margarita Simonyan, direttrice di Russia Today , a suo tempo madrina del ponte di Kerch che collega il suo Paese alla Crimea. «Ora c’è da vedere chi sarà il primo a fare dietrofront.

Ma se avete parlato almeno una volta in vita vostra con il Superiore, non dovreste avere dubbi». Mentre tutti i media russi ieri mattina aprivano con giubilo le loro edizioni con servizi sul panico scatenato dalle parole del presidente nell’Occidente, appare evidente che Putin ha fatto la sua mossa, seppure interlocutoria.

L’iniziativa spetta ora agli Usa e all’Europa. In Russia, la convinzione generale è che, per quanto il presidente aspiri a entrare nei libri di Storia, non abbia alcuna intenzione di farlo da cavaliere dell’Apocalisse. È ben conscio dell’inferiorità conclamata del suo Paese nel campo nucleare.

«Cominciare la Terza guerra mondiale a causa di un missile ucraino caduto su un magazzino nella regione di Bryansk sarebbe un po’ esagerato» scrive il Moskovsky Komsomomoltes , il più cremliniano dei quotidiani schierati con il Cremlino.

Anche se si tratta di un bluff, andare a scoprire le carte potrebbe non essere la migliore delle idee. Putin è specializzato nel superare le linee rosse. Lo ha fatto il 24 febbraio 2022 invadendo l’Ucraina, lo ha ripetuto con il referendum per l’annessione delle regioni appena conquistate, e infine lanciando un missile a media gittata. Per descrivere il suo carattere, i biografi più accreditati usano l’immagine di un’auto priva di retromarcia e di freni.

I quaranta giorni che ci separano dall’insediamento di Trump alla Casa Bianca saranno una gara di forza e lucidità che prevede un dilemma-Putin da affrontare nel più breve tempo possibile. Chi si mostra più unito e convinto delle sue idee, potrebbe guadagnare un posto di riguardo al futuro tavolo delle trattative. Ma sembra quasi che Europa e Usa si stiano preparando ad affrontare questa prova decisiva creando una babele di tante voci diverse.

Nei suoi ultimi giorni da presidente, Joe Biden vuole rafforzare la posizione ucraina. Trump promette invece di risolvere la guerra in poche ore, lasciando così intendere che è disposto a far contenta la Russia. La Germania telefona al Cremlino, Gran Bretagna e Francia promettono invece altre armi a Kiev, l’Italia cerca un difficile equilibrio tra posizioni ben distanti tra loro.

Il presidente russo è l’unico che può permettersi di aspettare. La sola opinione che conta è la sua. L’unico elemento fisso di un paesaggio sempre più variabile rimane lui. Era chiaro fin dall’inizio che sarebbe stato così. Il 7 marzo del 2022, nel suo ultimo editoriale per il Corriere , il compianto Franco Venturini scriveva che qualunque cosa accada, per porre fine alla guerra è comunque con Vladimir Putin che bisognerà parlare.

Sarebbe meglio non arrivare in ordine sparso a questo ineludibile appuntamento.

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