di Juanne Pili
FACT-CHECKING
L’assunzione del farmaco erroneamente definito vaccino contro l’obesità è solo uno dei fattori correlati al decesso dell’infermiera britannica
Analisi
Ci sono varie versioni della narrazione sul presunto vaccino contro l’obesità, a seconda della fonte da cui si attinge:
Infermiera muore dopo il vaccino contro l’obesità: «Era un po’ in sovrappeso, ma sana. Non assumeva altri farmaci» Un’infermiera di 58 anni è morta per insufficenza multiorgano, shock settico e pancreatite, dopo aver assunto due iniezioni di tirzepadite, un farmaco per perdere peso. Si tratta di un vaccino contro l’obesità. Ha assunto regolarmente il farmaco per due settimane prima di perdere la vita. Il primo sintomo, arrivato dopo pochi giorni, è stato un forte dolore allo stomaco, la donna ha subito raggiunto il pronto soccorso dell’ospedale in cui lavorava. È morta accanto a sua nipote.
Non l’avevo mai sentito il vaccino contro l’obesità.
Tra poco faranno anche il vaccino contro la stitichezza.
Vogliono eliminare tutta l’umanità.
Vogliono rimanere solo loro, ed essere eterni possibilmente.
LURIDI.
Il presunto vaccino contro l’obesità
Susan McGowan, un’infermiera britannica di 58 anni, non è morta a causa di un vaccino contro l’obesità. Per altro non si potrebbe parlare nemmeno di un farmaco destinato esclusivamente a curare questa malattia. Similmente al Ozempic (di cui avevamo trattato qui), parliamo di un principio attivo, il Tirzepadite (farmaco Mounjaro) destinato principalmente a curare il diabete, ma che si è rivelato efficace anche nel trattare certe forme di obesità.
Come riportano i colleghi Catriona MacPhee e James Cheyne nel loro articolo per la BBC, McGowan è deceduta dopo aver assunto il tirzepatide per due settimane tramite due iniezioni a basso dosaggio prima della sua morte, lo scorso 4 settembre.
Il certificato di morte di McGowan indica insufficienza multiorgano, shock settico e pancreatite come causa immediata di morte, mentre l’uso del Mounjaro è registrato come fattore contribuente. Del resto tratterebbe del primo decesso correlato al farmaco nel Regno Unito.
Il Tirzepatide appartiene a un gruppo di farmaci per la perdita di peso noti come agonisti del recettore GLP-1, che agiscono facendo sentire il paziente più sazio più a lungo. Approvato come supporto nella perdita di peso dalla MHRA britannica, il farmaco è attualmente prescritto dal NHS solo a un numero limitato di pazienti. Naveed Sattar, professore di medicina metabolica all’Università di Glasgow ha spiegato alla BBC che anche l’obesità non è una patologia da prendere sotto gamba, similmente anche i trattamenti non sono caramelle, occorre sempre valutare caso per caso il bilancio tra rischi e benefici.
«I trial clinici sono progettati con grande rigore per valutare la sicurezza dei farmaci – spiega Sattar -, dimostrando che generalmente i benefici sostanziali superano i rischi. Esistono prove sufficienti a indicare che questi farmaci offrono una perdita di peso significativa e importante, con profili di effetti collaterali generalmente accettabili per la grande maggioranza delle persone. La realtà è che c’è un forte bisogno di aiutare molte persone con livelli estremamente elevati di BMI a perdere peso. Questi farmaci possono offrire molteplici benefici, e per molti anni non abbiamo avuto strumenti simili a disposizione. Sono numerosi gli individui – approssimativamente uno su quattro o uno su cinque tra gli adulti nel Regno Unito – che potrebbero trarre vantaggio da questi trattamenti».
Certamente non siamo a livelli paragonabili coi vaccini, che non devono affrontare la malattia ma prevenirla del tutto, o ridurre i casi gravi della stessa. Ragione per cui usare tale termine per definire un farmaco contro diabete e gravi forme di obesità è pericolosamente fuorviante.
Conclusioni
Abbiamo visto che non esiste un vaccino contro l’obesità. Farmaci come quelli usati per curare forme gravi di obesità presentano un profilo di rischi e benefici che non è paragonabile con quello dei vaccini approvati in Occidente, questi ultimi per altro hanno una funzione preventiva, non di supporto a terapie farmacologiche. Il caso in oggetto dell’infermiera britannica è per altro ancora da chiarire, risultano infatti condizioni pregresse che possono spiegare il suo decesso.
Del caso si è occupato recentemente il collega Michelangelo Coltelli su Butac.