di Lorenzo Cremonesi
«Mosca cerca i nostri cari per minacciarli».
Il caso del soldato britannico catturato dai russi
I soldati russi ricevono premi speciali che equivalgono a migliaia di euro per i volontari stranieri catturati sul fronte ucraino. «Pagano di più per i prigionieri europei.
Certamente i russi dell’unità che ha preso James avranno festeggiato», commentano tra gli italiani delle brigate che stanno nelle trincee del settore caldo di Zaporizhzhia. Il riferimento è al 22enne James Anderson: i media e siti russi stanno diffondendo il video di lui in uniforme appena catturato nella regione di Kursk, sembra illeso e con la divisa in ordine.
Un colpo gobbo per la propaganda di Mosca, che è particolarmente incattivita per la recente decisione del governo di Londra di seguire la politica americana e permettere agli ucraini di usare i propri razzi a lunga gittata Storm Shadow per colpire nel profondo delle retrovie russe. Il ministro degli Esteri britannico, David Lammy, ha già dichiarato che «si farà di tutto per sostenere il prigioniero e ottenere la sua liberazione».
Scott Anderson, il padre del prigioniero, è preoccupato. «Lo avevo implorato di non andare a combattere in Ucraina. Ma lui rispondeva che credeva fosse un suo dovere morale aiutare chi lotta per la libertà», dice in lacrime ai media britannici.
«L’ho riconosciuto sui video, sembra molto spaventato. Spero lo utilizzino come ostaggio per gli scambi di prigionieri con Mosca. Però lui stesso mi aveva confessato che i russi torturano i loro prigionieri», aggiunge.
Le sue parole sono confermate da un recente rapporto delle Nazioni Unite che denuncia il Cremlino di torture sistematiche contro i prigionieri di guerra, compresi gli abusi sessuali, la privazione periodica del sonno e la mancanza di cibo.
Un mondo a parte quello della Legione internazionale che si batte a fianco delle truppe ucraine. In genere i governi cercano di minimizzare la presenza dei loro cittadini inquadrati nelle unità dell’esercito regolare. Vengono in prevalenza dal Sudamerica, ma ci sono tanti statunitensi, baltici ed europei occidentali. Il loro numero è top secret: si valuta possano sfiorare i 30.000.
C’è anche un gruppo di italiani, si stima una trentina, tanti originari del Nordest. In genere preferiscono tenere il basso profilo, non si registrano all’ambasciata di Kiev, anche perché la legge italiana vieta ai propri cittadini di combattere da privati per uno Stato straniero.
«Legione straniera»
Al fianco delle truppe ucraine si stima combattano 30 mila volontari stranieri
I russi li chiamano «mercenari», loro si definiscono «combattenti per la libertà degli ucraini e dell’Europa». Comprendono attivisti di estrema destra, militanti anti putiniani di CasaPound, ma anche simpatizzanti della sinistra e moderati.
«La propaganda russa riporta che siamo morti in 33. Ma, che io sappia, ad oggi ci sono soltanto 3 italiani caduti combattendo dal 2022: Giorgio Galli, 27 anni di Varese, Massimo Galletti che aveva 59 anni e Angelo Costanza Bressoux, morto molto di recente», dice Polo, rivela solo il suo nome di battaglia, un trentenne originario del Nordest che si trova in Ucraina da 8 mesi.
«In Italia ero simpatizzante della sinistra extraparlamentare. Ad un certo punto mi sono indignato contro i compagni pronti a scendere in piazza per denunciare le sofferenze del popolo palestinese e che però non dicevano una parola in difesa degli ucraini attaccati dal fascismo del regime di Putin», afferma.
A suo dire, i servizi segreti russi stanno cercando le famiglie di quelli che combattono come lui per minacciarle. «Non riveliamo le nostre identità anche per difendere i nostri cari in Italia», spiega. Non nasconde le difficoltà al fronte. «Qui manca tutto, non abbiamo neppure le bombe a mano e i russi dimostrano di battersi bene. Una volta quasi non avevano droni, oggi dominano i cieli», dice.
La conversazione al cellulare è continuamente disturbata, promette di richiamare, ma oggi non riesce più.
(Polo GetImage)