Il decreto Piantedosi
Juan Matias di Msf: “La prossima settimana il Senato vara la norma che rende veloce e automatico in caso di recidiva il sequestro definitivo della flotta civile. Il governo ci impedisce il soccorso dei naufraghi”
“Il governo italiano gioca alla battaglia navale con le navi delle ong. Se diventano legge dello Stato le modifiche al decreto in approvazione dalla prossima settimana in Senato, il soccorso delle navi di salvataggio sarà di fatto impedito. A cosa serve far ricadere sull’armatore, non solo sul comandante della nave, l’accusa, anche quando è completamente falsa, di violare il decreto Piantedosi? A rendere più facile e più veloce la confisca della nave di soccorso”.
Lo dice Juan Matias Gil, capomissione di Medici senza frontiere per la ricerca e soccorso in mare.
“Nell’iter di conversione in Parlamento si stanno introducendo dei provvedimenti per togliere dal Mar Mediterraneo le navi della flotta civile, vero obiettivo di questo governo che non vuole testimoni nella rotta migratoria più letale al mondo”.
Juan Matias era ieri con altri soccorritori di altre ong e con quattro sopravvissuti alla traversata dal Nord Africa all’Europa tra gli invitati al convegno a Palazzo Madama “Non affogate il diritto d’asilo” voluto dalla vicepresidente del Senato, Mariolina Castellone che ha detto: “Abbiamo voluto che il Senato diventasse un megafono per raccontare le storie di migranti e che fossero i protagonisti del viaggio nei barchini verso Lampedusa a raccontare cosa sta accadendo. È stato davvero molto difficile, ascoltando le testimonianze dirette, controllare le emozioni. Accogliere i migranti, è possibile. Perché però le giovani generazioni possano fare meglio di quanto abbiamo fatto noi nell’accoglienza, è necessario un grande lavoro culturale di guerra alla propaganda che distorce e manipola la realtà. Per quanto mi riguarda farò sempre la mia parte dando voce nelle istituzioni a chi prima di essere un ‘clandestino’ è una persona”.
Mostrate prove evidenti dei crimini che sistematicamente commette in mare la Guardia costiera libica, grazie alle immagini filmate dagli aerei di Sea watch, sopravvissuti e soccorritori chiedono cos’altro si deve mostrare perché sia chiaro a Libia e Tunisia non possono avere una zona Sar (ricerca e soccorso) di competenza.
Perché non fanno salvataggi ma solo catture. Flore Murand, di Sos Humanity: “Il fatto che venga fatto di tutto per non far decollare gli aerei civili, che sono fondamentali per trovare imbarcazioni in pericolo e denunciare le violazioni dei diritti umani e del diritto marittimo internazionale, è parte dell’intensificarsi degli impedimenti sistematici alle missioni delle ong che fanno soccorso”.
Sintetizza Vittorio Alessandro, ex portavoce della Guardia costiera: “L’aver portato in mare il principale tassello delle politiche migratorie ha intaccato la strategia del soccorso in mare, facendone un aspetto della protezione dei confini. Le zone Sar istituite in Libia e Tunisia in seguito ai rispettivi accordi con l’Italia costituiscono nuove frontiere, piuttosto che un’area di coordinamento fra gli Stati a protezione della vita umana, zone di inseguimento e di cattura (circa 37mila nel corso di quest’anno, e oltre 1.500 mila le morti)”.