Non ti scordar di Kyjiv
A trent’anni dal fallimentare Memorandum di Budapest, gli ucraini pretendono garanzie reali.
Una soluzione di compromesso potrebbe essere l’adesione all’Alleanza Atlantica dei territori sotto controllo ucraino, estendendo su di essi la protezione dell’articolo 5
Il 5 dicembre 2024 cade il trentesimo anniversario della firma del Memorandum di Budapest, siglato nel 1994 dai leader di Ucraina, Russia, Stati Uniti e Gran Bretagna per garantire la sicurezza di Kyjiv in relazione alla sua adesione al Trattato di non proliferazione delle armi nucleari. Grazie a questo documento, l’Ucraina avrebbe dovuto ottenere rassicurazioni da parte dei firmatari su sicurezza, indipendenza e integrità territoriale.
Dal 2014, con l’invasione della Crimea e delle regioni di Donetsk e Luhansk, uno dei firmatari, la Russia, ha violato il patto, mentre gli altri firmatari non hanno protetto l’Ucraina dall’aggressione, almeno fino al 2022, anno dell’invasione russa su larga scala.
In vista della riunione dei ministri degli Esteri della Nato che si terrà in questi giorni a Bruxelles, il ministro degli Affari Esteri ucraino Andrii Sybiha ha inviato una lettera ai partecipanti per sottolineare che l’Ucraina non aderirà a nessun altro patto di sicurezza se non a quello della Nato, definendo il Memorandum di Budapest «una testimonianza della mancata lungimiranza nel prendere decisioni strategiche sulla sicurezza», e affermando che «la costruzione dell’architettura della sicurezza europea senza considerare gli interessi dell’Ucraina è destinata al fallimento».
Negli ultimi giorni, le discussioni sull’ingresso dell’Ucraina nella Nato si sono intensificate, anche grazie alle dichiarazioni del presidente ucraino Volodymyr Zelensky – sia in un’intervista a Sky News sia durante una conferenza stampa con il cancelliere tedesco Olaf Scholz.
Esperti ucraini, come il politologo Maksym Dzhyhun, non si sorprendono del cambio di strategia dell’amministrazione Zelensky, ritenendolo necessario in vista dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca. Se con Joe Biden l’integrità territoriale ucraina non era in discussione, oggi, con l’incognita della politica estera statunitense, l’amministrazione Zelensky cerca nuove vie per garantire la sopravvivenza dello Stato ucraino durante la spietata invasione russa, che negli ultimi giorni si è intensificata anche in regioni lontane dalla linea del fronte, come Ternopil, rimasta parzialmente senza elettricità dopo gli attacchi della notte tra lunedì e martedì.
Zelensky propone di far aderire alla Nato i territori sotto controllo ucraino, estendendo su di essi l’articolo 5 della Nato. Questa soluzione metterebbe al sicuro le retrovie dell’Ucraina, arginando l’aggressione russa nell’Est e ponendo fine alla fase più acuta del conflitto.
Tuttavia, l’Ucraina non riconoscerà mai i territori occupati dall’esercito russo come parte della Russia e intende riappropriarsene attraverso la via diplomatica. Una soluzione che potrebbe essere rimandata alla morte di Vladimir Putin e a un cambio di governo in Russia.
Si tratta di una decisione difficile e dolorosa, ma anche matura e consapevole delle condizioni attuali. L’Ucraina è consapevole della mancanza di risorse umane e militari per respingere l’esercito russo oltre i confini (anche per lo scarso impegno nell’invio delle armi da parte degli alleati), così come è consapevole del rischio che gli aiuti militari statunitensi, fondamentali, potrebbero essere ridotti o addirittura azzerati nei prossimi mesi.
L’amministrazione Trump è nota per essere più scettica verso l’Ucraina rispetto a quella Biden, e per questo Zelensky e il suo governo cercano una soluzione che possa essere presentata ai propri alleati all’indomani dell’insediamento di Trump. L’adesione alla Nato dei territori liberi dell’Ucraina potrebbe essere la soluzione migliore.
L’Ucraina vuole dimostrarsi un interlocutore affidabile, aperto al dialogo, come sempre è stata, nonostante sia spesso descritta diversamente dai media italiani. L’amministrazione Zelensky sta lavorando intensamente per trovare punti di incontro con la futura amministrazione Trump.
Addirittura, un deputato del partito di Zelensky, Oleksandr Merezhko, presidente del Comitato per gli Affari Esteri e la Collaborazione interparlamentare, ha nominato Trump al Premio Nobel per la Pace 2025. Conoscendo l’ambizione e l’ego del presidente statunitense eletto, il partito di Zelensky cerca di sfruttare le sue debolezze, consapevole che Trump non vuole essere da meno rispetto a Putin.
In questi giorni, nel contesto della riunione dei ministri degli Esteri della Nato a Bruxelles, è previsto un incontro con i rappresentanti dell’Ucraina. Qualora, per qualche miracolo, si ricevesse un riscontro positivo alla richiesta di adesione dell’Ucraina alla Nato, non si tratterebbe di un’ammissione immediata: sarebbero necessari da uno a due anni per completare la procedura, senza considerare eventuali opposizioni da parte di membri come Ungheria e Slovacchia.
Un segnale positivo rappresenterebbe comunque un forte messaggio politico alla Russia, che continua a perseguire gli obiettivi principali della sua cosiddetta “operazione speciale militare” e potrebbe sfruttare nuovamente le debolezze occidentali per intensificare ulteriormente la guerra in Ucraina.
Alla luce della fallimentare esperienza del Memorandum di Budapest, l’Ucraina questa volta pretende garanzie reali, ben lontane dalla carta straccia di trent’anni fa.
(Max Kukurudziak)