2 settembre 1980: i terroristi di destra ammazzano il tipografo del “Messaggero” (articolo21.org)

di VITTORIO EMILIANI

La sera tardi del 2 settembre 1980, 
quarant’anni fa, ricevemmo al Messaggero, 
che dirigevo, un comunicato dei 
NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari) 

di estrema destra nel quale comunicavano di avere “giustiziato” un cronista del giornale. Che però io avevo scorto, poco prima, nel corridoio e che il capocronista Vittorio Roidi mi disse di aver spedito su un delitto a Monteverde. Lo scongiurai di richiamarlo perché andava, come vedremo, ad assistere, in qualche modo, alla “sua” morte.

Mi spiego meglio: qualche giorno avanti era arrivata in una busta indirizzata a me una minaccia e cioè una P38 di carta ritagliata nella quale era scritto soltanto per XJ, il nome del giovane cronista che per noi e in precedenza per Panorama di Carlo Rognoni si era occupato di estremismo di destra suscitando accesi malumori.

Ancor più ne aveva suscitati il nostro marcato antifascismo e la pubblicazione a tutta prima pagina della foto del Pg Mario Amato assassinato in giugno dai NAR praticamente davanti alla Città Giudiziaria e disteso al suolo nell’acqua piovana, con una scarpa dalla suola bucata. Paolo Gambescia, bravissimo responsabile della giudiziaria, mi aveva avvertito: “Direttore, sono i NAR, quelli sparano, uccidono”.

Eravamo fra due fuochi: fra le BR che in aula avevano minacciato fra gli altri lo stesso Paolo Gambescia, e i NAR che ora garantivano ritorsioni. Chiesi allora al cronista minacciato di scegliere un Paese straniero, lontano, dove andare per un certo periodo. Ma mi rispose orgogliosamente che non voleva scappare. Cercai di convincerlo più volte. Inutilmente.

La sera del 2 settembre, trigesimo della strage di Bologna, i NAR mantennero la parola sia pure sbagliando clamorosamente persona. Frutto di un pedinamento frettoloso? Ma com’era possibile? Maurizio Di Leo era piccolo, magro, sempre vestito con giacca e cravatta e abitava con la madre a Monteverde.

Il cronista per il quale era stato scambiato era alto, grosso, vestiva sempre con jeans e maglioni o giacconi e abitava vicino a Villa Ada. Sembrava piuttosto una strategia volta a spargere il terrore in un giornale fortemente antifascista: abbiamo assassinato uno nel mucchio, siete tutti nel mirino. Così comunque venne largamente percepita … leggi tutto

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