Free pass
La decisione di rimuovere le sanzioni per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale e la gestione insufficiente delle campagne di prevenzione stanno promuovendo un clima di disarmo nei confronti delle future emergenze sanitarie
Il governo – già promotore e responsabile del misfatto relativo all’istituzione di una Commissione di indagine sulla gestione della pandemia – ha compiuto un ulteriore passo verso il salto nel buio della (sub)cultura no vax.
Il Consiglio dei ministri nel decreto legge Milleproroghe ha deciso di abrogare «in modo da non dover procedere con una ulteriore proroga, le norme relative a sanzioni pecuniarie in materia di obbligo vaccinale per la prevenzione dell’infezione da virus Sars-Cov-2».
In aggiunta, il governo ha stabilito anche «l’annullamento delle sanzioni pecuniarie già irrogate e non riscosse e relativo discarico».
La norma, che riguarda tutti coloro che non hanno ancora pagato la sanzione o la cartella, non prevede però rimborsi per chi ha già effettuato il pagamento. Su questo punto si porranno sicuramente dei problemi di costituzionalità, perché le associazioni dei renitenti al vaccino non esiteranno a portare fino in fondo la loro battaglia e troveranno dei giudici compiacenti che solleveranno la questione all’esame della Consulta.
Sarà così vanificata una delle poche giustificazioni di un qualche rilevo sostenute a favore della norma: l’eliminazione di un contenzioso molto diffuso che ha visto una magistratura impicciona a intromettersi nella valutazione degli aspetti sanitari dei vaccini accogliendo, ormai attraverso un orientamento prevalente della giurisprudenza, le tesi dei no vax.
In sostanza, non sarebbe infondato l’argomento secondo il quale lo Stato – grazie al colpo di spugna – finirebbe per spendere di meno di quanto costerebbe il calvario processuale. Sappiamo che la norma non è condivisa da tutte le forze della maggioranza, in particolare da Forza Italia; ci riserviamo pertanto di vedere come si concluderà la controversia in Parlamento.
La questione riveste un significato molto più ampio: la linea di condotta del governo e della maggioranza non solo rispetto al passato, ma al presente e al futuro prossimo. In sostanza viene avallato un atteggiamento di lassismo e di disarmo nei confronti della prevenzione di un’epidemia che è ancora tra di noi anche se debilitata dell’impiego massiccio delle vaccinazioni, la cui utilità non è venuta meno. E proprio per questi motivi la totale assenza di indicazioni per dare continuità a pratiche sanitarie di prevenzione può condurre a un peggioramento della situazione.
È però inaccettabile e irresponsabile la latitanza del governo per quanto riguarda le indicazioni da seguire come prevenzione dell’influenza di stagione e del covid 19 (ancora tra noi con le sue varianti). Non si cancella un virus bandendolo dalla televisione. Dalla quarantaseiesima settimana del 2023 alla diciassettesima del 2024 (dati Iss) si sono ammalati 14,59 milioni di italiani di sindromi simil-influenzali.
L’influenza di stagione è preponderante con 4,5 milioni di casi; seguono 2,5 milioni di infezioni da Covid-19, che ha colpito con maggiore intensità le fasce più anziane e a rischio. Ciò a causa di una campagna di vaccinazione inesistente, affidata alla buona volontà dei singoli, in un clima complessivamente ostile.
A fronte di cinquantanove milioni di italiani vaccinabili a fine aprile 2024 sono immunizzati in 2,21 milioni (3,8 per cento della popolazione) ai quali si sovrappone una popolazione di undici milioni di fragili portatori di cronicità a vario titolo circa metà dei quali sotto i sessanta anni. Venti milioni di italiani in tutto. Gli stessi venti milioni a rischio Covid sono pazienti soggetti a influenza (ottomila morti l’anno. Il target fissato per il vaccino antinfluenzale era del settantacinque per cento della popolazione da sessanta anni in su.
Nella stagione 2020-21 abbiamo superato il sessantacinque per cento (era partita in contemporanea la vaccinazione di massa contro il Covid-19). Quest’anno il timore è di scendere sotto il cinquanta per cento della copertura auspicata, malgrado l’avvenuto adeguamento ai ceppi in circolazione. A livello mondiale i trend sono simili all’Italia: la popolazione a rischio si vaccina di meno.
Finora, la stagione 2023-2024 ha raggiunto il picco più alto pari a 18,45 nella cinquantaduesima settimana (mese di dicembre), superando l’incidenza di tutte le precedenti stagioni prese in esame. In precedenza l’incidenza più elevata della serie storica c’era stata all’inizio del 2023 quando aveva toccato i 15,72, per poi scendere. Complici le misure di contenimento per la diffusione del Covid e l’utilizzo delle mascherine, nel 2020-21 le sindromi influenzali sono state quasi assenti, mentre nel 2021-22 sono state comunque poco diffuse.
Occorre, poi, fare tesoro dell’esperienza del passato. Dalla Repubblica del Congo provengono segnali inquietanti di una nuova malattia sconosciuta. In Italia sono già stati segnalati due casi. Cominciò così anche con il Covid-19, quando una coppia di turisti cinesi furono ricoverati a Roma.
In breve tempo, a Codogno un tampone eseguito su un giovane febbricitante e che presentava difficoltà respiratorie, inaugurò la crisi sanitaria di cui paghiamo ancora le conseguenze dell’impatto sulle strutture ospedaliere.
Quella funesta esperienza ha prodotto la vergogna di una Commissione di indagine finalizzata nello stesso tempo a compiere una vendetta politica e a giustificare la linea negazionista tenuta a suo tempo da taluni partiti oggi al potere.
Personalmente ho ritenuto che le misure assunte nell’ambito del lockdown fossero esagerate, mentre ho condiviso l’operazione vaccinazioni con annessi e connessi, compreso il regime (non obbligatorio nonostante le prescrizioni e le relative sanzioni) del green pass.
Considerando, tuttavia, la crisi sanitaria nel suo complesso, trovo disonesto (purtroppo si è trattato di una responsabilità molto diffusa che si è assunta la stessa magistratura con inchieste discutibili e sentenze negazioniste) giudicare ora per allora: ovvero prendere a riferimento i punti di arrivo e di superamento della crisi per valutare la gestione iniziale di un fenomeno sconosciuto, quando l’unica terapia consigliata era quella di lavarsi spesso le mani e di restare distanti dalle persone che si incontravano, mentre si portava a spasso il cane.
Se – in god we trust – dovesse ripetersi la tragedia epidemica dell’inizio del decennio con un virus venuto dal caldo, non è detto che gli odiati Big Pharma siano in grado di scoprire e produrre a tambur battente un vaccino salvavita, per giunta in un contesto di disarmo morale provocato per banali ritorsioni politiche.