Ma come può Caselli ridurre a “incidenti” gli errori giudiziari? (ildubbio.news)

di Francesco Petrelli (Presidente UCPI)

L'ex procuratore sostiene che istituire una 
giornata per le vittime delle carcerazioni e 
delle condanne ingiuste sarebbe da "populisti". 

Davvero incredibile

C’è qualcosa di davvero imbarazzante nei modi con i quali la magistratura ha reagito alla proposta di indire una giornata dedicata alle vittime dell’errore giudiziario. Non si comprende infatti perché una simile proposta dovrebbe ingenerare “sfiducia” nella magistratura, come ha detto il presidente di Anm Santalucia, o per quale motivo, come ha affermato il dottor Caselli, una simile iniziativa sarebbe addirittura “demagogica”.

Sarebbe come dire che le giornate dedicate al fenomeno della povertà o alla violenza sulle donne ingenerassero sfiducia negli uomini e non ci fossero invece utili nel farci doverosamente riflettere sui limiti del capitalismo o sui rapporti di genere.

Far riflettere sulla estensione e sulla gravita di quel fenomeno è tutt’altro che demagogico e populista, in quanto dedicare una giornata alle vittime dell’errore giudiziario significa rendere tutti più consapevoli dell’importanza che ha, in una democrazia matura, l’uso corretto della giustizia penale. E che l’errore giudiziario, proprio in quanto errore umano, è evitabile.

Ovvio che spetti poi alla politica e non a una giornata dedicata al fenomeno la soluzione del problema, attraverso l’adozione delle riforme necessarie. Il fastidio con il quale la proposta è stata respinta svela infatti il timore che si rifletta sulla realtà degli errori giudiziari e delle ingiuste detenzioni tornando ai dati e stando ai fatti.

Ma è proprio per questa ragione che le affermazioni del dottor Caselli devono essere corrette. Il problema dell’errore giudiziario e delle ingiuste detenzioni non ha infatti nulla a che vedere, come ha affermato il dottor Caselli, con la lunghezza e la farraginosità del nostro processo penale.

Se pure è vero che spesso le regole processuali non aiutano a prevenire ed a sventare gli errori, dietro le carcerazioni e le condanne ingiuste ci sono solo le decisioni dei magistrati, ai quali le norme pongono limiti e garanzie al fine di tutelare la libertà dei cittadini. Immaginare i magistrati e non i cittadini come vittime delle inefficienze del processo mi pare francamente paradossale.

E cosa ancor più grave è quella di far passare l’errore come un dato fisiologico del sistema quando quell’errore incide in maniera così estesa e grave sulla libertà delle persone. La giustizia penale non è un gioco di società nel quale a volte si vince e a volte si perde.

Se un cittadino sconta mesi o anni di custodia cautelare in carcere e poi si giunge ad una archiviazione, ad un proscioglimento o ad una assoluzione, il fatto è decisamente patologico, e non può in alcun modo parlarsi disinvoltamente, come fa il dottor Caselli, di “esiti contrastanti” dei processi, come si potesse parlare di semplici punti di vista e non di attenta e prudente applicazione delle norme poste proprio a presidio di quel bene incommensurabile che è la libertà.

È grave già solo che questo accada, ed è gravissimo che accada con queste dimensioni. L’asticella della tolleranza degli errori giustificabili dovrebbe, infatti, essere collocata molto più in alto, e gli standard di valutazione della prova dovrebbero essere molto più severi, in un paese che vuol dirsi civile.

Che il sistema non funzioni con la necessaria prudenza lo dicono i dati dello stesso ministero della Giustizia e l’ultima relazione al Parlamento sull’utilizzo della custodia cautelare nel corso dell’ultimo anno. Sul numero complessivo di 80.000 misure adottate, in almeno 8.000 casi sono intervenute assoluzioni nel corso dello stesso anno.

Ma si tratta di dati che dovrebbero essere meglio valutati e integrati con gli esiti dei relativi processi in un più ampio arco di tempo. Resta il fatto che il numero delle misure coercitive applicate ingiustamente resta negli anni elevatissimo, con danni umani incalcolabili, per le vittime, e con costi enormi per lo Stato, che paga gli indennizzi.

Sono, invece, i magistrati che non pagano nulla. Quelle migliaia di casi di ingiusta detenzione non verranno sottoposti ad alcun diretto vaglio disciplinare e, a leggere le statistiche, gli esiti dei procedimenti disciplinari, quando vengono attivati, sono nella stragrande percentuale di tipo assolutorio.

I dati offerti dalla giustizia disciplinare sono sconcertanti: checché ne dica il dottor Caselli, che non si tratta di una giustizia “domestica” particolarmente indulgente, delle oltre 1.800 segnalazioni disciplinari del 2023, oltre il 95% è stato oggetto di archiviazione e solo il 4,3 % ha dato luogo ad azione disciplinare, e di queste solo un numero ridottissimo ha prodotto condanne.

Per non parlare della sostanziale assenza di profili di responsabilità civile, per la cui azionabilità in concreto, come è noto, sono previsti filtri di ammissibilità dei quali nessuna altra categoria professionale o di funzionari può avvalersi.

Credo che sia proprio questo stato delle cose a generare quella diffusa sensazione di impunità, e che sia il complessivo atteggiamento di chiusura ad ogni cambiamento assunto dalla magistratura ad alimentare la sfiducia dei cittadini e ad incentivare l’idea di una casta chiusa nei suoi indubbi privilegi, impermeabile alla società. Sbaglia la magistratura associata a sottovalutare questo aspetto che sta assumendo uno spessore ed una estensione allarmanti.

Ma c’è una questione, strettamente collegata al fenomeno dell’errore giudiziario, che il dottor Caselli non sfiora neppure, ed è quella che riguarda proprio il controllo di professionalità dei magistrati, sul quale non si è riusciti a fare alcun passo consistente e a realizzare, dalla Ministra Cartabia al Ministro Nordio, una riforma seria che introducesse meccanismi selettivi più adeguati alla responsabilità e alla gravità del ruolo sociale e della funzione.

Prima ancora che pagarlo, infatti, l’errore che incide sulla libertà dei cittadini, dovrebbe essere evitato. Ma anche qui l’interdizione della magistratura è stata finora vincente, ad onta del cambio dei governi e delle maggioranze. Dalla riforma costituzionale delle carriere che è “uno strappo alla Costituzione”, alla revisione della valutazione di professionalità che è una “offesa”, alla introduzione della giornata dell’errore giudiziario che è un attentato alla “fiducia”, il mood resta sempre lo stesso.

Si tratta in ogni caso e indifferentemente di attacchi alla ontologica unitarietà, all’indipendenza, all’immagine, all’autorevolezza e alla fiducia di una magistratura imperfettibile.

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