Beatrice Venezi trasforma in kitsch il pop di Puccini (corriere.it)

di Aldo Grasso

A fil di rete 

Sulle reti Rai, il primo giorno del nuovo anno ci ha regalato ben tre concerti di musica classica. Vorrà dire qualcosa?

Su Rai1, dal Teatro La Fenice di Venezia il Concerto di Capodanno diretto da Daniel Harding, con tre brani corali di grandissima presa: «Va, pensiero» dal Nabucco di Verdi, «Padre augusto» dalla Turandot di Puccini e l’immancabile brindisi «Libiam ne’ lieti calici» di nuovo dalla Traviata (c’era anche l’ormai inevitabile «Nessun dorma»).

Su Rai2 il Concerto di Capodanno da Vienna con i Wiener Philharmoniker diretti da Riccardo Muti (applauditissimo), sempre nella cornice della Sala d’Oro del Musikverein, sempre con La marcia di Radetzky a chiudere la festa (ma se il Lombardo-Veneto fosse rimasto nell’impero absburgico, come staremmo oggi?).

Infine, su Rai3, «Viva Puccini», un programma ideato da Angelo Bozzolini per il maestro Beatrice Venezi (cuore a sinistra, bacchetta a destra, di necessità si fa tivù). La folgorante idea è quella di avvicinare la musica del grande maestro al pubblico televisivo, prendendo un po’ a prestito quello che facevano Corrado Augias (malamente imitato all’inizio per prevenire critiche) e Speranza Scappucci.

Ma al contrario: non è il pubblico che deve innalzarsi a Puccini, ma Puccini che deve abbassarsi al pubblico meno attrezzato e dunque grande spreco di «Puccini moderno, Puccini amante del bello, Puccini pieno di fragilità, Puccini pop…».

E poi Bianca Guaccero a condurre, Gianmarco Tognazzi nelle vesti di Puccini (che era un po’ come suo padre, dice lui), Enrico Stinchelli a spiegare (dalla «Barcaccia» a «Fin che la barca va»), Giordano Bruno Guerri a fare l’ospite d’onore, come ora fa in tutti i programmi.

Kitsch, Kitsch, Urrà! In realtà non era un programma su Puccini, ma su Beatrice Venezi che quando dirige si agita e fa le faccette come la nostra premier. Telecamere sempre puntate su di lei, primi piani, celebrazione indiscriminata del piacere estetico a detrimento della fattura materiale dell’oggetto artistico.

Anche qui, per la gioia del maestro Muti, ennesima proposta del «Nessun dorma», a dimostrazione che a passare dal pop al kitsch ci vuole niente.

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