Il caso Todde è il meritato contrappasso per il partito della finta trasparenza (linkiesta.it)

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Uno scontrino vale uno

L’incredibile vicenda del rendiconto elettorale della Presidente della Sardegna è il marchio di fabbrica dell’antropologia politica pentastellata, che è sempre stata un misto di incompetenza e improntitudine, ignoranza e protervia

La fortuna del Movimento 5 stelle ha coinciso – post hoc, propter hoc – con l’epidemica diffusione di quella perniciosa parafilia politica che è l’ideologia dell’onestà e della democrazia no cost. Il trionfo dell’antipolitica è stato questo: l’eccitazione per quel mediocre simulacro degli arcana imperii rappresentato dagli scontrini e dai piè di lista dei potenti, dalle indennità e dalle diarie degli eletti, dalle entrate e dalle spese del Palazzo. Infatti ha avuto come solo esito rilevante la trasformazione delle Camere – mutilate per dovere liturgico di un terzo delle cosiddette poltrone – nel bivacco dei manipoli dell’Uno-vale-Uno e nel laboratorio dell’invidia sociale sublimata nell’indignazione e nel fanatismo di massa.

Col senno di poi, la vicenda di Alessandra Todde e della sua inevitabile (ma in ogni caso, come vedremo, remota) decadenza dalla carica dalla presidenza della Regione Sardegna era già iscritta come una nemesi e un contrappasso nel Movimento degli albori, era già parte di una parabola che dalla farsa dell’onestà avrebbe condotto alla parodia di quello stesso vittimismo, di cui i grillini della prima ora accusavano qualunque politico pizzicato in questioni di piccioli, di rendiconti sbagliati o taroccati, di errori o irregolarità contabili potenzialmente esiziali per la vita pubblica e pure per quella personale del reprobo.

Siamo pur sempre il Paese dove un Presidente di Regione è stato letteralmente massacrato di botte mediatiche e giudiziarie perché lo scontrino di un paio di mutande verdi era finito tra quelli messi a rimborso, e un ex consigliere regionale si è ammazzato per una condanna guadagnata – come in decine di altri casi – per la contestazione del rimborso a carico del gruppo consigliare di alcune spese politiche cervelloticamente ragguagliate a spese personali.

Ora tocca alla Todde finire, con ben maggiori responsabilità, nelle stesse sabbie mobili, che lei e i suoi simili tripudiando vedevano ingoiare i nemici. E le tocca pure finirci per quel misto di negligenza e superbia, incompetenza e improntitudine, ignoranza e protervia che è il marchio di fabbrica dell’antropologia politica pentastellata.

In grande sintesi (qui il dettaglio delle contestazioni del Collegio di garanzia elettorale di Cagliari), Todde quando si è candidata e ha iniziato a raccogliere e spendere soldi per la propria campagna elettorale non ha fatto niente di quel doveva fare e ha fatto tutto quel che non doveva fare per rispettare una legge la quale, per discutibile che fosse, era in vigore da oltre trent’anni e tutti conoscevano.

Non ha nominato un mandatario elettorale; non ha raccolto fondi e non ha speso i fondi raccolti attraverso un conto corrente dedicato e intestato al mandatario; ha rendicontato entrate anonime per decine di migliaia di euro; ha prima detto e poi smentito di avere sostenuto spese elettorali, assumendo, e in seguito ripudiando, quelle sostenute in suo favore dal “Comitato elettorale del Movimento 5 stelle per l’elezione del Presidente della Regione Sardegna”, come se non fosse chiaro – da trent’anni! – che anche le spese sostenute da un partito per un proprio candidato devono essere comprese nel rendiconto di quest’ultimo e rientrare nel limite delle spese sostenibili da parte sua.

Il bello è che a partorire tutto questo disastro non è stato qualche oscuro e impreparato militante, ma il gotha del partito contiano: l’ex capogruppo a Palazzo Madama Ettore Licheri, il senatore Emiliano Fenu e il notaio e deputato Alfonso Colucci. L’impreparazione e l’improntitudine nel Movimento 5 stelle sono ubiqui, in alto e in basso: uno vale l’altro.

Questa vicenda non si chiuderà molto presto, perché, in base alla sentenza 387/1996 della Corte Costituzionale, la decadenza di Todde potrà essere deliberata solo quando il provvedimento esecutivo del Collegio di Garanzia elettorale sarà applicabile, cioè solo dopo che si giungerà al giudizio definitivo sul ricorso che l’interessata farà davanti al giudice ordinario.

Nondimeno, questa vicenda, pur rimanendo aperta, dovrebbe almeno chiudere la stagione della fiducia ingenua nella democratizzazione dei barbari e nella buona fede degli autoproclamati onesti.

(Lapresse)

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