Un’inviata speciale (corriere.it)

di Massimo Gramellini

Il caffè

Per dirvi qualcosa della giornalista, e della persona, vi devo riportare ai giorni in cui cominciò l’invasione russa in Ucraina.

Dopo un viaggio inevitabilmente avventuroso, Cecilia Sala aveva raggiunto Kiev, che Putin minacciava di conquistare entro 48 ore, e contro ogni previsione riuscì a collegarsi in diretta con il nostro programma. Ero molto più agitato di lei, che come sempre appariva in pieno controllo della situazione.

Nelle settimane della sua prigionia, mi hanno fatto sorridere certi commentatori anche illustri che, senza conoscerla, l’hanno dipinta come una specie di scavezzacollo.

Cecilia Sala è una delle creature più sagge e razionali che abbia mai conosciuto. Ha meno di trent’anni, però si direbbe un’anima antica. Corre verso i luoghi da cui tutti scappano, ma non cerca provocatoriamente il rischio, benché sia disposta ad affrontarlo quando pensa che ne valga la pena.

Appena apparve sullo schermo, davanti alla parete spoglia di una stanza d’albergo a Kiev, le chiesi le prime cose che l’avessero colpita lungo il tragitto. Rispose: «Gli anziani delle campagne che girano i cartelli stradali per ingannare i carrarmati russi. E i bambini di Kiev che preparano bottiglie incendiarie da lanciare dai balconi».

Erano istantanee di vita che raccontavano senza retorica la resistenza di un popolo. Per riuscire a coglierle al primo sguardo, occorrono occhi curiosi e una testa lucida e sgombra di pregiudizi. Cecilia Sala ha quegli occhi e quella testa. Bentornata.

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