Va detto che il jazz parte da una posizione piuttosto avvantaggiata: c’è sempre qualcuno pronto a dichiararlo morto. È una situazione decisamente invidiabile, perché quando non fanno altro che darti per finito non si ha più niente da perdere, nessuna pressione, solo sorprese.
L’unica insidia è la retorica della rinascita, o del periodo d’oro, o della crisi, ma a eventuali domande su dove stia andando il jazz conviene probabilmente rispondere con le parole di Thelonious Monk: «Non so dove stia andando. Forse sta andando all’inferno. Non si può spingere nulla ad andare da alcuna parte. Ci va e basta».
In queste ultime settimane sono usciti due libri che potremmo piazzare convenzionalmente uno all’inizio e l’altro alla fine del jazz, facendo coincidere paradossalmente mito dell’origine e mito della fine, una delle magie storiografiche e critiche che il jazz permette … leggi tutto