Youssef Al-Abd e' uno dei portavoce della comunita' dei rifugiati siriani nel campo: "Mai avrei potuto immaginare potesse esistere un posto del genere"
“A Moria e’ un inferno: la gente dorme per strada, in molti non hanno ne’ tende ne’ coperte e mancano i bagni. Le donne non sanno come lavare i bambini. E cresce la paura perche’ abbiamo subito attacchi da bande di residenti mentre da stamane circolano pullman delle unita’ speciali della polizia: sembra che portino la gente verso localita’ sconosciute. Che fine hanno fatto i nostri diritti? Non lasciateci morire”. Questo l’appello raccolto dall’agenzia Dire da Youssef Al-Abd, ex residenti del campo profughi di Moria, sull’isola di Lesbo, distrutto da una serie di incendi tra martedi’ e mercoledi’.
Al-Abd e’ uno dei portavoce della comunita’ dei rifugiati siriani nel campo, uno dei primi a rendersi conto delle fiamme: “Abbiamo subito dato l’allarme, correndo tra le tende per far uscire tutti” racconta l’uomo, in passato responsabile sicurezza per un’azienda. “Quel giorno c’era molto vento e quindi il fuoco si e’ propagato in fretta tra le tende. Il campo era abitato da quattro volte la popolazione prevista quindi tra tende e baracche il distanziamento era inesistente”.
Secondo il rifugiato, l’incendio non solo era prevedibile “ma da mesi le autorita’ ignoravano i nostri appelli: che sia stato doloso o no, l’incendio e’ scoppiato dopo sei mesi di isolamento forzato”. Al-Abd ricorda: “La quarantena qui e’ scattata a marzo sebbene non ci fossero casi di Covid-19 tra i residenti e nessuno abbia condotto test per verificare la situazione sanitaria all’interno“ … leggi tutto