Perché voterò No al referendum sul taglio dei parlamentari (editorialedomani.it)

di STEFANO FELTRI

Come nel 2016, una riforma costituzionale 
vuole mettere in discussione l’equilibrio 
tra i poteri in nome di risparmi risibili, 
imprecisati aumenti di efficienza e 
interessi politici di breve periodo

Dopo aver assistito all’indegno spettacolo di parlamentari strapagati che chiedono di nascosto il bonus da 600 euro per i professionisti in difficoltà risulta difficile avere una discussione serena sul referendum costituzionale del 20 e 21 settembre. Eppure è necessario, perché la nostra democrazia rappresentativa, costruita faticosamente sulle macerie del fascismo e della guerra, si regge sui rappresentanti e sulla partecipazione informata dei rappresentati, cioè noi elettori.

Il quesito del referendum riguarda l’approvazione di una riforma costituzionale promossa dal Movimento 5 stelle e approvata con una larga maggioranza dai due rami del parlamento, che riduce il numero dei deputati da 630 a 400 e quello dei senatori da 315 a 200.

A quale scopo? La risposta la prendiamo dal sito del dipartimento per le Riforme istituzionali, guidato prima dal ministro Riccardo Fraccaro (che era anche ministro per la “democrazia diretta”) e ora affidato a Federico D’Incà, entrambi Cinque stelle: “L’obiettivo è duplice: da un lato favorire un miglioramento del processo decisionale delle camere per renderle più capaci di rispondere alle esigenze dei cittadini e dall’altro ridurre il costo della politica (con un risparmio stimato di circa 500 milioni di euro in una Legislatura)”.

Se questi sono gli obiettivi, per decidere come votare a settembre bisogna rispondere a qualche domanda: la riforma proposta permette di favorire il processo decisionale? Rende le camere più capaci di rispondere alle esigenze dei cittadini? Riduce i costi della politica?

Se la risposta a queste domande è positiva, allora può essere conveniente ridurre il numero degli eletti, anche accettando che un minore numero di parlamentari equivale a una minore rappresentanza degli elettori. Quindi, in assenza della democrazia diretta promessa dai Cinque stelle (sperimentata con risultati dubbi sulla piattaforma Rousseau), a una minore possibilità di essere parte del processo decisionale.

L’aspetto curioso è che neppure i promotori della riforma provano a dimostrare che l’impatto sarà quello promesso … leggi tutto

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