
di Anna Zafesova
Uno scudo di aerei europei che abbattono i
missili russi nello spazio aereo ucraino.
Un contingente di «buona volontà» di eserciti europei, Turchia inclusa, da schierare in Ucraina come barriera contro l’invasione russa.
Una nuova rete Internet per i militari ucraini, che dovrebbe sostituire Starlink con 40. 000 terminali, e che ancora prima di arrivare fanno crescere in Borsa del 500% la francese Eutelsat. L’emissario diplomatico di Pechino che difende il diritto di Ucraina e Europa di sedere al tavolo negoziale con russi e americani. Bilanci militari e pacchetti aiuti raddoppiati, progetti di nuove fabbriche belliche in Ucraina, e addirittura l’ipotesi di un «ombrello nucleare» francese da estendere a tutta l’Europa per difenderla dalla minaccia di Putin.
A leggere in ordine sparso le notizie degli ultimi giorni e delle ultime ore, si ha la sensazione, nitida e inesorabile, di un mondo che si è ribaltato, e sembra impossibile ricordare che tre anni fa, all’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, erano proprio alcune capitali europee a volersi distanziare da una guerra che all’epoca sembrava a molti promossa da Washington, a danno dei commerci europei con Mosca.
Il mondo si è capovolto, e a riassumere la situazione con spietata precisione è Valery Zaluzhny, ex comandante delle truppe ucraine e oggi ambasciatore a Londra, che dice in un discorso al think-tank di Chatham House che «non è più solo l’asse del Male che cerca di rivedere l’ordine mondiale, ora sono gli Usa a volerlo distruggere».
L’impossibile è accaduto, alla Casa Bianca siede un presidente che insiste a non considerare la Russia di Putin una minaccia, e l’Europa un alleato da proteggere. La scena dell’umiliazione di Volodymyr Zelensky nello Studio Ovale non è stata soltanto un incidente diplomatico o uno spettacolo mediatico: è diventata la dimostrazione brutale e il simbolo del nuovo mondo di relazioni internazionali, così come lo era stata a suo tempo la scarpa di Nikita Krusciov sbattuta sullo scranno dell’Onu all’urlo di «vi seppelliremo».
È un mondo che l’ex segretario alla Difesa britannico Ben Wallace descrive sul Telegraph come quello dove «la sovranità degli altri non ha valore, il più forte ha ragione… i fatti sono finti e la finzione viene spacciata per fatti». È il mondo dove l’emissario trumpiano Keith Kellogg descrive il blocco degli aiuti all’Ucraina – che ha una espressione molto precisa in vite ucraine – come una «bastonata sul muso del mulo», per fare capire che «nessuno può contraddire il presidente americano nello Studio Ovale».
Fino a ieri, questo era il mondo di Putin e dei suoi seguaci, e il fatto che, secondo le voci raccolte dalla Nbc, diversi alleati americani, inclusi israeliani, sauditi e britannici, stiano pensando a ridurre la condivisione dei dati di intelligence con Washington per paura che finiscano in mano a Mosca, è sintomatico del terremoto in corso.
Non stupisce che Zelensky sia diventato il volto e il centro di questo cambiamento, vittima e simbolo della resistenza al bullismo delle potenze, ma anche un politico che è stato molto abile, fin dal 24 febbraio 2022, a restituire all’Occidente – i cui confini geografici a questo punto vengono messi in discussione – il senso dei suoi valori e delle sue alleanze.
Non è un caso che gli uomini di Trump abbiano cercato contatti con l’opposizione ucraina per rimpiazzarlo, e che Elon Musk si dichiari convinto della sua imminente sconfitta elettorale, nonostante sia in testa a tutti i sondaggi, e il suo unico potenziale avversario sia proprio il generale Zaluzhny, apertamente critico dell’America trumpiana.
La finzione viene spacciata per i fatti, e perfino Putin ieri è ha dovuto rompere il soddisfatto silenzio degli ultimi giorni per tranquillizzare i suoi falchi, preoccupati dall’improvvisa sintonia con gli odiati Usa, e assicurare che «la Russia non cederà su nulla», e che non vuole una tregua. Del resto, non si capisce perché dovrebbe, visto che finora Trump ha mostrato di considerare un problema costringere alla pace Kyiv e non Mosca che continua a bombardarla.
Per questo, il negoziato tra ucraini e americani che dovrebbe partire la settimana prossima, offre a Zelensky non solo la chance di far valere le sue ragioni: gli offre il tempo necessario perché la Casa Bianca si accorga – forse – di aver sbagliato calcolo.