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Per fortuna in Europa abbiamo le idee meno confuse di Scurati (ilfoglio.it)

di Guido Vitiello

Il Bi e il Ba

L’autore di M ha detto che l’Europa non ha bisogno di guerrieri pronti alla bella morte.

Può essere utile sapere che Putin elabora le sue strategie sul presupposto che gli europei siano disposti a tutto pur di non combattere. Forse occorre fargli sapere che siamo attrezzati a difenderci

E’ arrivata, se non proprio l’abiura, la rettifica di Antonio Scurati. Dopo il suo tuffo un po’ sgraziato nella prosa kitsch dei poeti condottieri degli anni Venti (“Dove sono ormai i guerrieri d’Europa?”, su Repubblica del 4 marzo), ennesima riprova che gli scrittori dallo stile poco sorvegliato finiscono trascinati dalle maree retoriche in cui hanno avuto l’imprudenza di immergersi, l’autore di M. è stato rintuzzato da un banco di colleghi sospinti dalla marea retorica contraria; tanto che Aldo Nove, per denigrarlo, si è messo a nuotare in un lessico teppistico-cominternista da compagno Roderigo di Castiglia (“Che nessuno parli mai più di ‘intellettuali’, gli schifosi amplificatori delle più allucinanti propagande, funzionali a se stessi perché schiavi del Potere”).

Astratti furori a duello, nella società letteraria più ridicola e autoreferenziale di sempre. Ieri Scurati ha corretto il tiro: l’Europa non ha bisogno di guerrieri pronti alla bella morte, ma di un esercito pacifico affiancato da specialisti della diplomazia al servizio del welfare, qualunque cosa ciò voglia dire (suona un po’ come la scoperta dei vigili urbani, lui però ci assicura che è una “mirabile invenzione”).

Raccolgo invece l’invito di Scurati a comprendere la passione per la guerra, ma non tanto per “decostruire”, come lui dice, l’“ideologia bellica occidentale” (possono occuparsene egregiamente a Yale), quanto per prendere le misure di quella in auge all’est.

Giova sapere per esempio che Putin sposa la teoria della passionarnost’, qualità tutta russa che si può tradurre come “slancio vitale collettivo” o “capacità di sacrificio”, e che elabora le sue strategie sul presupposto che gli europei siano edonisti decadenti che non sanno più combattere e sono disposti a tutto pur di non farlo.

Nel marzo 2015, festeggiando il primo anniversario dell’annessione della Crimea, Putin apostrofò così gli occidentali: “In nome di cosa andrete a combattere? Non lo sapete? Quanto a noi, lo sappiamo. E siamo pronti a tutto”.

Gli fece eco il pittoresco Žirinovskij: “Gli europei vivono nel lusso, non fanno che divertirsi. Non vogliono fare la guerra. Basta che Mosca mostri i denti e loro scioglieranno la Nato”. Così, ci piaccia o meno, ragiona la Russia di oggi. Dobbiamo scimmiottare la sua retorica, magari con un tocco locale di dannunzianesimo o di marinettismo? Dio ce ne scampi.

Ma forse è il caso di far capire a Putin che siamo attrezzati materialmente e culturalmente a difenderci, e soprattutto che abbiamo idee meno confuse dei nostri letterati.

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