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«Putin mi vuole morto, ma lotto pure dal carcere. Voglio il mio Paese libero» (ildubbio.news)

di Gennaro Grimolizzi

Intervista esclusiva a Mikheil Saakashvili, 
ex presidente della Georgia condannato dopo la 
vittoria dei filorussi

L’ex presidente della Georgia, Mikheil Saakashvili sta collezionando condanne.

Un’umiliazione per chi negli anni passati ha voluto perseguire due obiettivi molto chiari: ridare dignità ad un Paese sganciandolo dall’influenza russa e avvicinarlo sempre di più all’Occidente e ai suoi valori, a partire dal rispetto dei diritti umani. Una mossa, quella di Saakashvili, che gli è costata cara.

Nel 2018 l’esponente politico, protagonista quindici anni prima della cosiddetta “Rivoluzione delle rose”, è stato condannato in contumacia a sei anni di carcere per abuso di potere. Un’accusa che le organizzazioni internazionali hanno sin dal primo momento considerato politicamente motivata e che ha provocato le proteste di numerosi governi.

Per quella condanna è in carcere dal 2021, quando rientrò in Georgia dopo aver trascorso diverso tempo all’estero. La prigione e la solitudine hanno minato la salute di Mikheil Saakashvili.

La permanenza dietro le sbarre gli ha fatto perdere oltre cinquanta chili. Inoltre, nel 2023 l’ex presidente ha riferito di essere stato avvelenato.

All’inizio di marzo Saakashvili è stato condannato a quattro anni e mezzo di carcere, in quanto, secondo i pubblici ministeri, avrebbe attraversato illegalmente il confine della Georgia, rientrando, nel 2021, in patria. Infine, il 17 marzo si è aggiunta un’altra condanna – quella più pesante – a nove anni e mezzo di detenzione.

Saakashvili è stato accusato di appropriazione indebita: avrebbe utilizzato 3 milioni di euro, fondi dello Stato, per spese personali di vario genere e per dispensare regali a familiari e alleati politici. Della “Rivoluzione delle rose” non resta più nulla, solo spine e dolori per chi ha tentato di aprire una nuova stagione politica.

Grazie al team legale che lo assiste, siamo riusciti a far pervenire a Mikheil Saakashvili alcune domande in carcere. L’ex presidente ha risposto, lieto di poter interloquire con il quotidiano dell’avvocatura da sempre impegnato a sottolineare l’importanza per il rispetto dei diritti umani e nel rilevare le condizioni di vita in carcere anche all’estero.

Saakashvili, nonostante quella che definisce una “persecuzione giudiziaria”, non si arrende. Il messaggio che lancia dal carcere è chiaro: la battaglia per dimostrare la propria innocenza non si ferma, le accuse – a suo dire “inventate” – sono il frutto di una persecuzione che nasce dall’impegno politico degli anni passati».

Presidente Saakashvili, l’ultima sentenza di condanna nei suoi confronti dimostra che la persecuzione politica continua?

Esatto. È proprio così. Sono stato condannato in violazione di ogni legge georgiana in vigore, con modalità che definire ciniche e disumane è poco. Ma, nonostante ciò, continuerò a combattere per la mia libertà, contro la dittatura russa in Georgia, ma anche in nome dell’indipendenza dell’Ucraina. E lo farò fino al mio ultimo respiro.

Sin dal suo insediamento alla presidenza, lei ha creduto fermamente nell’apertura di una fase nuova in Georgia, distaccandola dalla sfera d’influenza russa. Tutto vanificato, se pensiamo alla situazione odierna? Mosca condiziona la vita del suo Paese?

L’influenza di Mosca prosegue senza sosta. La Russia è ovunque in Georgia, a partire da quello che troviamo nei negozi, fino ai metodi che vengono usati dalle autorità georgiane contro l’opposizione per reprimere ogni forma di dissenso politico. Assistiamo inoltre ad una presenza capillare dei servizi segreti russi che svolgono una asfissiante attività di controllo.

Le sanzioni nei confronti della Russia vengono aggirate grazie all’accondiscendenza georgiana?

La Georgia purtroppo è diventata uno dei Paesi più importanti usati da Mosca per bypassare le sanzioni applicate con l’inizio della guerra ai danni dell’Ucraina. Questo a riprova di quanto si diceva prima in merito all’influenza russa nel mio Paese.

Putin ha lanciato al mondo un messaggio: se vuole prendersi qualcosa, non chiede il permesso a nessuno. Lo dimostra la guerra di aggressione ai danni dell’Ucraina. Lei è fiducioso in merito ai negoziati che possono portare al cessate il fuoco?

Sono convinto che ci sia una sola possibilità per portare Putin ad un cessate il fuoco temporaneo. Putin lo accetterebbe solo se fosse lasciato libero di interferire massicciamente nei processi politici in Ucraina, smantellando dall’interno le fondamenta istituzionali del Paese, e di sbarazzarsi definitivamente di Volodymyr Zelensky.

Questo è esattamente il metodo che ha messo in atto in Georgia, dopo l’invasione russa del 2008 e il cessate il fuoco che è stato negoziato qui all’epoca. L’obiettivo di Putin è molto chiaro. Lui non vuole una Ucraina debole o che Kyiv diventi succube di Mosca. Quello che vuole Putin è cancellare completamente l’Ucraina dalle mappe geografiche.

Penso quindi che solo la forza militare possa contenere la Russia. La ricerca di qualsiasi altra opzione per limitare le velleità del Cremlino si riveleranno assolutamente inutili.

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