Un secco No al referendum, nel segno della democrazia costituzionale e repubblicana (globalist.it)

di Thomas Casadei (Univ. di Modena e Reggio E.) e Sauro Mattarelli (Direttore di SR – Il Senso della Repubblica nel XXI secolo)

La proposta di riduzione del numero dei 
parlamentari, oggetto del referendum 
costituzionale del 20-21 settembre 
2020 si basa sulla convinzione che 
riducendo la rappresentanza, con un 
taglio lineare, si acquisisca una 
migliore governabilità e si riducano 
spese “inutili”.

Il nostro NO deriva dal fatto che riteniamo tale opinione errata e anche pericolosa poiché:

    • trova le sue radici storiche nell’antiparlamentarismo del primo Novecento a cui fecero riferimento i movimenti nazionalisti;
    • negli ultimi tempi, è stata espressione di un qualunquismo populista, fondato sull’istinto trasversale e atavico della cosiddetta “antipolitica”, su cui si basa una generica avversione verso la classe politica, definita come “casta” e l’attività politica e istituzionale in generale;
    • riducendo il numero dei parlamentari si mortificano le minoranze e il pluralismo e si sacrificano le autonomie territoriali;
    • la motivazione economica costituisce il corollario a queste premesse, non solo perché si tratta di una economia davvero quasi irrilevante ma, soprattutto, perché “mercifica” un diritto e un dovere di rappresentanza e di partecipazione.

Inoltre, il “taglio” proposto è del tutto separato sia da una legge elettorale che consenta un’effettiva scelta dei rappresentanti, fuori da logiche che rischiano di essere sempre più oligarchiche, sia da un eventuale disegno di riforma costituzionale di sistema, sul quale eventualmente confrontarsi in modo rigoroso (stante il fatto che per noi resta prioritaria l’attuazione della Costituzione e non certo la sua, appunto, “riforma”).

Prevale, cioè, una motivazione “demolitoria”, capace di alimentare una cultura anti-istituzionale in grado di lacerare il tessuto civile del Paese.

Alla base di una simile concezione sta infatti, come è stato ben spiegato nell’appello di oltre 100 studiosi e studiose di Filosofia e Sociologia del diritto a sostegno delle ragioni del NO (https://www.ilnostrono.it/), una profonda avversione verso la mediazione quale esito continuo di un sano processo democratico alimentato dal conflitto tra interessi e posizioni diverse.

La delegittimazione del Parlamento, delle strutture sociali intermedie (partiti, sindacati, ecc.)  e dei luoghi ove si elabora il sapere (scuola e università) rientra a pieno titolo nel contesto di questa deriva.

La globalizzazione, le nuove frontiere dell’economia e delle tecnologie, chiamano, invece, a un rafforzamento dei luoghi della partecipazione per combattere le abissali solitudini individuali che mettono a repentaglio ogni forma di libertà e di giustizia.

Il nostro NO si basa quindi sui principi di difesa del confronto pluralistico, continuo, come unica tutela dell’interesse generale, fondamento della democrazia costituzionale e repubblicana.

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