di Massimo Franco
La Nota
Sta diventando chiaro che il bersaglio del sovranismo europeo dopo la condanna di Marine Le Pen non sarà la giustizia francese, ma la maggioranza che governa l’Ue.
Né è un paradosso che la presidente della Commissione sia una esponente del Ppe, Ursula von der Leyen; o che buona parte degli europarlamentari provengano da partiti di centrodestra o di destra, con una preclusione solo verso l’estremismo dei Patrioti. Quanto avviene sembra una coda del conflitto per il dominio di un elettorato contiguo. Con Donald Trump nel ruolo di protettore di queste forze insieme con Elon Musk.
È la grande ombra che domina l’Europa alla vigilia dei dazi imposti dalla Casa Bianca alle merci del Vecchio Continente. Le convergenze che riaffiorano riflettono la subalternità dell’estrema destra alle priorità dettate dagli Stati uniti.
È difficile non condividere le parole della premier Giorgia Meloni quando dice al Messaggero che non si può «gioire» quando una sentenza mette fuori gioco la leader di un grande partito come il Rassemblement National.
Ma è un’affermazione diversa da quella del suo vice, il leghista Matteo Salvini, secondo il quale si è trattato di una «dichiarazione di guerra di Bruxelles»: un modo per spostare il tiro dalla Francia all’Ue, come se fosse partito da lì un presunto complotto contro la leader dell’ultradestra, accusata di appropriazione indebita di fondi pubblici.
Non a caso ieri lo stesso Trump ha sostenuto che quanto è accaduto somiglia all’attacco giudiziario subito da lui in questi anni negli Usa. Il paragone, però, rende controverso l’effetto della decisione di Parigi.
Non è chiaro se avvantaggerà Le Pen come ha favorito Trump nel ruolo di vittima. È chiaro solo che fornirà argomenti alle forze tese a delegittimare le istituzioni di Bruxelles; e a chi ritiene che il primato della politica non debba essere mai condizionato da quello giudiziario.
Sullo sfondo, riaffiora la volontà di appoggiare qualunque strategia della Casa Bianca per indurre l’Ucraina a accordarsi con la Russia di Vladimir Putin. Su questo punto, il «pacifismo» si intreccia e si mescola, dalla Lega al M5S e Avs, lambendo il Pd.
Ma a preoccupare è soprattutto un governo in ordine sparso. L’offensiva contro la Commissione Ue riflette anche la volontà leghista di incrinare i rapporti tra Palazzo Chigi e von der Leyen. Sulle armi l’Ue «va contromano», ripete Salvini. E sui dazi: «Vendicarsi di Trump? Se von der Leyen ha usato questo verbo è stata una scelta infelice».
Il tentativo di evitare una guerra commerciale Ue-Usa è sacrosanto. Ma perfino nella Lega c’è chi condivide l’inquietudine generale per i riflessi sull’economia.