di Massimo Gramellini
Il caffè
Mi ero ripromesso di non parlare per qualche giorno di Donald Trump, a meno che non avesse combinato qualcosa di ulteriormente eccentrico e folle: che so, firmare un’ordinanza esecutiva contro i rubinetti del suo bagno.
Ebbene, lo ha fatto. Ha firmato un’ordinanza esecutiva che vieta i soffioni delle docce a basso flusso, definiti «deboli e inutili», due aggettivi che detesta e che per lui sono sinonimi.
I vecchi soffioni ormai fuorilegge (presto potrebbero venire ammanettati ed esposti in qualche prigione sudamericana per servire da monito a sciacquoni e lavandini) obbediscono a ragioni di risparmio energetico, che però devono cedere il passo di fronte a un’emergenza ben più drammatica, di cui lo stesso Trump si è fatto portavoce: i suoi capelli.
Quelli col colore di un amplesso tra una zucca e un’albicocca. Il presidente ha esposto in pubblico il dilemma che lo arrovella: a che serve avere comprato lo shampoo più caro in commercio, se poi gli tocca restare mezz’ora sotto la doccia perché i democratici, con quelle giacche piene di forfora, gli hanno imposto dei rubinetti da cui esce una goccia alla volta?
«In che mani mi sono messo!» starà pensando il suo shampoo. Speriamo che prima o poi cominci a chiederselo anche l’americano medio che lo ha scelto (Trump, non lo shampoo). Per lo meno da questa lacrimosa vicenda abbiamo tratto un’informazione riservata: Mr. President trascorre mezz’ora al giorno in bagno sotto la doccia.
E nessuno che porti mai via la chiave.