di Felice Cavallaro
In un libro — dall’eloquente titolo «Io sono nessuno» il racconto della sua vita a trent’anni dall’efferato omicidio del magistrato ucciso dalla mafia ad Agrigento, il 21 settembre 1990.
«Mai ripensamenti, ho fatto il mio dovere»
I trent’anni dall’omicidio di Rosario Livatino coincidono con trent’anni di una vita in incognito. Quella del primo testimone di giustizia sul fronte antimafia, Piero Nava, protagonista di una odissea adesso raccolta in un libro dal titolo eloquente« Io sono nessuno».
Senza rimpianti?
«Senza alcun ripensamento, cosciente di avere fatto esclusivamente il mio dovere», risponde questo agente di commercio che il 21 settembre del 1990, in viaggio a bordo della sua auto fra Canicattì e Agrigento, vide il brutale inseguimento del «giudice ragazzino» ucciso sotto i suoi occhi. Pronto senza indugi ad avvertire le forze di polizia, a testimoniare contro assassini e mandanti. E, quindi, a cambiare con la sua famiglia identità e continente
Cos’è accaduto dopo?
«Come raccontiamo nel libro scritto con il cuore da Stefano Scaccabarozzi, Lorenzo Bonini e Paolo Valsecchi, tre giovani della mia Lecco, io sono sparito per 11 anni cambiando città, stati, continente. Poi ho ricominciato a lavorare sotto nuova identità».
In Italia?
«Nel Sud Italia. Io sono ormai un uomo del Sud dal 1978, quando la mia carriera commerciale cominciò a Napoli. Vendendo serramenti e porte per aziende del Nord. Come facevo nel settembre 1990 in provincia di Agrigento».
Ha ricominciato facendo lo stesso lavoro?
«Sempre nel settore del commercio. Dalla base, come quando avevo 18 anni. Con datori di lavoro sorpresi. Un’esperienza boia la sua, mi dicevano. Maturata dove? E inventavo. Dovevo fingere di non avere mai fatto quel lavoro».
Adesso è arrivato il tempo del riposo?
«Delle letture, della pensione. Da tre anni. I figli sono grandi, hanno la loro vita. Ovviamente anche loro non si chiamano più Nava» … leggi tutto