di Claudia Torrisi
In Polonia circa 100 cittadine e regioni si sono dichiarate “LGBTI free zone”, ossia hanno approvato risoluzioni apertamente contro la comunità lesbica, gay, bisessuale e transessuale.
Si tratta di provvedimenti perlopiù senza valore coercitivo, ma che rientrano nel solco del costante attacco vissuto da ormai due anni dalle persone LGBTI nel paese ad opera di gruppi conservatori e autorità locali e nazionali.
La risoluzione approvata lo scorso anno della regione di Malopolska, dove si trova Cracovia, ad esempio prevede una “ferma opposizione nei confronti delle attività pubbliche dirette a promuovere l’ideologia dei movimenti LGBTI”. Secondo il documento, queste attività “interferiscono con l’ordine sociale” e sono “orientate all’annientamento dei valori plasmati dall’eredità secolare del cristianesimo”.
Sono parole simili a quelle pronunciate dal leader del partito conservatore nazionalista Diritto e Giustizia (PiS) Jarosław Kaczyński, secondo cui i movimenti LGBTI costituiscono «una minaccia per le fondamenta della nostra civiltà». Il partito, al governo nel paese dal 2015, porta avanti un’agenda nazionalista-conservatrice forte sui valori cattolici, incluso il sostegno alle famiglie tradizionali e l’opposizione al matrimonio omosessuale.
Alle elezioni dello scorso autunno, come ricostruito su Coda Story, giornali di stampo conservatore e legati a PiS avevano portato avanti un’ingente campagna di disinformazione contro la comunità LGBTI polacca … leggi tutto