di Claudio Del Frate
Il quesito chiede di revocare la libera circolazione delle persone tra la Confederazioni e gli Stati dell’Unione.
Il governo contrario: «Gravi danni alla nostra economia». La «guerra solitaria» del Canton Ticino
La Svizzera riprova a mettere un argine di legge all’immigrazione. A 50 anni esatti dalla prima consultazione che rischiava di determinare l’espulsione di 300.000 lavoratori italiani (1970: la proposta fu respinta con il 54% dei voti), domenica 27 settembre i cittadini elvetici torneranno a esprimersi su un progetto di legge chiamato «Per un’immigrazione moderata».
Nella sostanza l’iniziativa chiede di abolire gli accordi sulla libera circolazione delle persone sottoscritti da Berna con la Ue. Se approvata, la proposta potrebbe innescare un «effetto domino» che si tradurrebbe in una sorta di «Brexit svizzera». Promotori del referendum sono i partiti della destra nazionalista; il governo ha invece espresso paree contrario alla revoca degli accordi.
Una Brexit svizzera
Il quesito chiede di introdurre una modifica alla Costituzione svizzera che vieti qualsiasi trattato di libera circolazione delle persone. Ciò determinerebbe l’automatica decadenza dell’accordo in vigore con la Ue, che include anche la Svizzera nel cosiddetto «spazio Schengen» e che in pratica consente a tutti i cittadini comunitari di varcare liberamente i confini elvetici (e viceversa).
Se domenica i sì prevalessero, Berna avrebbe 12 mesi di tempo per negoziare un nuovo accordo con Bruxelles, altrimenti le frontiere si chiuderanno automaticamente entro altri 30 giorni.
Ma l’accordo con la Ue contiene una clausola in base alla quale, la fine della libera circolazione farebbe crollare altri 6 accordi riguardanti tra le altre cose l’accesso delle imprese svizzere ai mercati europei o la libertà dei trasporti … leggi tutto