di Maria Luisa Colledani
Richard Proenneke racconta la sua odissea bianca in Alaska: si è immerso nella natura più remota in compagnia di renne, montoni e caribù
Spazi idilliaci per un’odissea del cuore, senza miglia di mare né di terra. Un’odissea bianca nella natura più remota. Richard “Dick” Proenneke viene dall’Iowa, ha 52 anni e sceglie di andare a vivere da solo in Alaska. È il 1968 e per trent’anni sarà immerso nel bianco infinito.
Ha alle spalle esperienze da carpentiere nella Marina a stelle e strisce durante la Seconda guerra mondiale, sei, dolorosi mesi di letto causati dalla febbre reumatica, anni da pastore nell’Oregon e un tentativo di avviare un allevamento di bestiame in Alaska, sull’isola di Shuyak. Quel sogno evaporato gli lascia il desiderio di orizzonti incontaminati: fa il riparatore di macchine nella base navale militare di Kodiak, commercia salmoni e passa qualche tempo nella baita di Spike, un capitano della Marina in pensione sui Twin Lakes, in Alaska.
Anche Dick vuole un suo centro di gravità permanente lontano da tutto e si fa lasciare dall’idrovolante di Babe ai Twin Lakes, a 280 chilometri da Anchorage, la civiltà: «Credo che trovarmi qui sia un modo per mettermi alla prova; non che non lo abbia mai fatto prima, ma stavolta sarebbe stato un test più accurato e durevole» … leggi tutto