Fine di Quota 100. E dopo? (lavoce.info)

di Vincenzo Galasso

Gli effetti negativi di Quota 100 si 
protraggono oltre i tre anni della sua esistenza. 

Occorre risolvere i problemi di equità creati dalla misura e introdurre nel mercato del lavoro una flessibilità in uscita sostenibile. Approfittando anche del Recovery Plan.

I danni di Quota 100

L’autunno è la stagione delle pensioni. Quest’anno l’immancabile discussione sul riassetto del sistema pensionistico italiano è schiacciata tra la scadenza naturale di Quota 100, nel 2022, e le risorse del Recovery Fund. Con all’orizzonte l’incertezza del mercato del lavoro post-Covid.

L’esperienza di Quota 100 è stata disastrosa. Introdotta nel 2018 dal governo Lega-Movimento 5 Stelle, dopo che i due partiti ne avevano fatto un cardine della loro campagna elettorale, la misura di pensionamento anticipato aveva l’obiettivo di cancellare la riforma Fornero. Il costo iniziale ipotizzato dal governo era di 18 miliardi di euro in tre anni, per consentire a circa 300 mila lavoratori di anticipare il momento del pensionamento.

I tagli previsti alle pensioni erano modesti, derivanti quasi esclusivamente dalla riduzione del numero di anni di contributi versati. Secondo i maggiori proponenti, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, Quota 100 avrebbe dato vita a una staffetta generazionale, consentendo ai giovani di occupare i posti di lavoro liberati dai “quotisti” – i lavoratori anziani, che usufruivano del provvedimento.

La realtà è stata molto diversa. Insieme ad altre misure (come la sospensione dell’indicizzazione dell’età di pensionamento alla longevità attesa), Quota 100 ha contributo a aumentare il rapporto tra spesa pensionistica e Pil, portandolo al 15,8 per cento nel 2020 contro una previsione del 15,1 per cento formulata nel luglio 2018. Eppure, l’utilizzo di Quota 100 è stato inferiore alle aspettative – secondo la Corte dei conti pari al 60 per cento dei pensionamenti ipotizzati nella relazione tecnica di accompagnamento alla legge.

Malgrado la generosità della misura, che non prevedeva riduzioni sulla parte retributiva della pensione, molti lavoratori anziani hanno preferito continuare a lavorare, soprattutto al Nord. Inoltre, come ampiamente previsto da molti e come sancito anche da Banca d’Italia e dalla Corte dei conti, Quota 100 non ha dato vita a staffette generazionali. Il prepensionamento è stato a favore di chi ha potuto permettersi di andare in pensione prima con un assegno dignitoso: ancora una volta lavoratori uomini con elevata anzianità contributiva.

Ma soprattutto è stato un regalo alle grandi imprese nel settore dei servizi, che hanno potuto evitare i costosi meccanismi legati ai fondi di solidarietà per trasferire il costo della gestione della forza lavoro sul bilancio pubblico … leggi tutto

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