“L’Unione europea è di fronte a un dilemma che l’indebolisce” (voxeurop.eu)

di Aude Martin – Alternatives économiques (Paris) (Traduzione di Andrea De Ritis)

A due mesi dalla fine del periodo di transizione, 
i negoziati fra Londra e Bruxelles sulla Brexit 
sembrano bloccati.

In questa intervista il direttore dell’Osservatorio della Brexit spiega gli interessi in gioco.

Aurélien Antoine, professore di diritto pubblico all’università di Saint-Etienne, direttore dell’Osservatorio sulla Brexit e autore di Le Brexit, une histoire anglaise (Brexit, una storia inglese, Dalloz, 2020), spiega gli interessi in gioco nelle prossime settimane.

Alternatives Economiques: I principali punti di tensione sulla Brexit, cioè il mantenimento di una libera circolazione delle persone attraverso la Manica e il non ritorno a una frontiera fra le due Irlande, sono stati risolti dall’accordo di uscita adottato all’ultimo momento un anno fa. Il periodo di transizione, che termina alla fine di dicembre, avrebbe dovuto regolare tutto il resto. Quali sono i punti ancora irrisolti?

Aurélien Antoine: Si tratta principalmente di tre aspetti. In primo luogo le due parti non riescono a mettersi d’accordo sulle modalità di un’equa concorrenza. Il governo inglese considera ancora che l’Unione europea (Ue) non gli lasci abbastanza libertà per permettere al Regno Unito di ritrovare la sua sovranità, per esempio con l’impossibilità di scegliere il proprio regime giuridico di aiuti di Stato.

Il Regno Unito reclama un accordo sul modello del Ceta, che è stato concluso dall’Ue con il Canada sulla base di un certo numero di cooperazioni regolamentari e che, in ultima analisi, garantisce una relazione abbastanza stretta fra le due zone.

Il problema però è che gli inglesi chiedono un accesso al mercato interno europeo più privilegiato del Canada – in particolare con l’esenzione dai dazi doganali – cosa che Bruxelles ha il diritto di rifiutare se Londra non è disponibile ad accettare un ambizioso allineamento regolamentare attraverso dei comuni standard sanitari, ambientali e sociali.

A sua volta l’Unione europea continua a credere di poter mantenere il Regno Unito nella sua orbita grazie al suo ex statuto di Stato membro, e di potergli imporre un allineamento regolamentare più vincolante rispetto ad altri paesi partner.

Ma per Boris Johnson e soprattutto per il suo consigliere speciale Dominic Cummings, la “Global Britain” liberoscambista che vogliono costruire è uno Stato senza legami particolari con l’Unione europea. Di fronte a questa differenza di approccio nei negoziati, le due parti fanno fatica a discutere in modo costruttivo.

Il secondo ostacolo, sul quale l’Ue ha più da perdere rispetto al Regno Unito, è la pesca. Londra, che cerca di riprendere il controllo delle sue acque territoriali, ha concluso di recente un accordo con la Norvegia che prevede un reciproco accesso dei due paesi alle loro zone di pesca e la definizione di quote che saranno riviste ogni anno. Il Regno Unito vorrebbe un accordo di questo tipo con l’Europa, cosa che Bruxelles rifiuta.

L’ultimo punto di tensione riguarda le questioni di governance e in particolare il ruolo della Corte di giustizia nell’interpretazione del futuro accordo e le modalità di allineamento regolamentare.

L’Unione europea vorrebbe che le decisioni della Corte fossero vincolanti anche per Londra, mentre il Regno Unito esclude qualunque ingerenza della Corte, che potrebbe ridurre la sua sovranità normativa … leggi tutto

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