Il premier ungherese minaccia di bloccare i fondi il cui versamento è condizionato al rispetto dei diritti.
Ma rischia di dover rinunciare lui stesso ai finanziamenti
Sono ore drammatiche e cariche di tensione quelle del fine settimana alla cancelleria di Berlino. Angela Merkel vede ormai vicino il traguardo più importante della presidenza tedesca dell’Unione Europea, il passaggio a Nord-Ovest che apre la strada al bilancio pluriennale dell’Unione e al Next Generation Eu, il piano straordinario da 750 miliardi per rilanciare l’economia dei Paesi più colpiti dalla pandemia.
Un ostacolo però si frappone ancora tra la cancelliera e il primo successo del suo semestre europeo. Per nulla intimidito dai rovesci di Donald Trump, santo protettore di tutti i populisti, Viktor Orbán continua a ricattare l’Europa. Alla riunione dei Rappresentanti permanenti dell’Ue di mercoledì a Bruxelles, l’ambasciatore ungherese ha fatto sapere che Budapest non intende dare il suo segnale verde all’accordo raggiunto con l’Europarlamento sul bilancio dei prossimi sette anni.
La ragione: la condizionalità del rispetto dello Stato di diritto, che per la prima volta potrebbe portare a un taglio dei fondi europei ai Paesi che lo violino, leggi Ungheria e Polonia … leggi tutto