Giovani e anziani: la separazione necessaria (lavoce.info)

di Carlo Favero, Andrea Ichino e Aldo Rustichini

Il lockdown generalizzato impone ai giovani 
danni significativi per un rischio corso 
essenzialmente solo dagli anziani. 

Se una separazione completa per fasce di età è impossibile, si può comunque procedere per gradi.

Numeri inequivocabili

Tra il 13 ottobre e il 4 novembre i morti in Italia per Covid-19 sono stati 2.819. Solo 25 di loro avevano meno di 50 anni. I dati dell’Istituto superiore di sanità ci dicono che, negli ultimi trenta giorni, tra i nuovi positivi con età 20-50 (circa la metà dei nuovi positivi totali) solo lo 0,25 per cento era in stato “critico da terapia intensiva” e solo l’1,88 per cento era in stato “severo da ricovero”.

Le stesse percentuali nella fascia 51-70 sono 1,31 per cento e 6,41 per cento, mentre per gli ultra-settantenni sono 2,56 per cento e 19,38 per cento. Nella fascia 0-19 anni non ci sono pazienti Covid in terapia intensiva e solo lo 0,61 per cento è considerato in stato “severo da ricovero”.

Queste cifre (che peraltro non differiscono molto da quelle di altri paesi) confermano quello che da tempo sappiamo. Quando il virus riparte, il collasso degli ospedali è quasi interamente dovuto agli anziani, la parte della popolazione in cui si concentra anche la quasi totalità della perdita di vite umane.

Invece di tenere conto della diversa aggressività del Covid-19 nelle diverse fasce d’età, convogliando le politiche di contenimento della pandemia sulla protezione degli anziani e sulla riduzione dei loro contatti con i giovani, il governo chiude l’intero paese con costi economici enormi per tutti.

Secondo l’Istat, il Pil si è ridotto del 5,5 per cento nel primo trimestre di quest’anno e del 13 per cento nel secondo. Il Pil non è una entità statistica astrusa inventata dagli economisti e lontana dalla realtà delle nostre famiglie. Il Pil misura la quantità di risorse a disposizione nostra e dei nostri figli per vivere. Il lockdown ha causato perdite del denaro a nostra disposizione che ammontano a circa 20 miliardi di euro nel primo trimestre, 60 miliardi nel secondo, con una previsione di perdita totale pari a 133 miliardi su base annuale (fonte: Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza). Si tratta di più di 8 mila euro per una famiglia standard, probabilmente distribuiti in modo ineguale e iniquo nella popolazione. Secondo Linkiesta, per esempio, le richieste al Banco Alimentare sono aumentate del 40 per cento.

Nel lungo termine, se si dovesse continuare con il lockdown a ogni nuova futura ondata del virus, lo stato potrebbe non essere più in grado di assicurare servizi come scuole, medicinali e ospedali e l’accesso a beni di consumo essenziali, oltre che a quelli voluttuari, potrebbe diventare molto problematico. Pensare che il debito pubblico aggiuntivo per tamponare l’emergenza possa risolvere il problema è illusorio: anche se il suo costo è contenuto grazie all’Europa, dovrà comunque essere ripagato da qualcuno … leggi tutto

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *