Un fenomeno appariscente riguardante gli ex siti di “concentramento” e sterminio nazisti presenti sul suolo europeo emerso in questi ultimi anni consiste nel cosiddetto dark tourism
ovvero nella visita massiva di luoghi del terrore e soprattutto dell’infierire della sofferenza – dell’arrecamento della morte – da parte di centinaia di migliaia di visitatori provenienti (se si considera il caso ad esempio del museo-memoriale di Auschwitz-Birkenau) da tutto il mondo.
Qualche anno fa, in particolare, una ragazza molto giovane si è autoscattata un ritratto (Princess Breanna, qui in evidenza) mostrando di fatto il suo totale o forse parziale scollamento dal luogo in cui è presumibilmente in viaggio scolastico.
Allo stesso modo, come evidenziato da I guardiani della memoria, un volume di V. Pisanty pubblicato all’inizio di quest’anno, anche un film documentario come Austerlitz (Serhij Loznycja, uscito nel 2016) evidenzia come frotte e frotte di persone – in questo caso il campo osservato è Sachsenhausen – si riversino in questo luogo secondo una dispersione (più che nel silenzio) che si addirrebbe maggiormente a un centro commerciale più che a un luogo simile.
Cosa fanno centinaia – si osservi il documentario per questo – di naufraghi lì? Ascoltano? Vedono? Sentono? Ci si domanda, soprattutto, in cosa si stanno impratichendo.
Nella visione forse esclusiva più che nell’apprendimento della natura dell’oppressione? O forse si arrabattano nell’esatto contrario? Viene da domandarsi cosa effettivamente stiano imparando … leggi tutto