La promessa di un abbraccio (internazionale.it)

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C’è sempre qualcosa di pericolosamente 
stucchevole nei saluti di Natale. 

Enfatizzazioni giornalistiche, banalizzazioni spirituali, smancerie familiari, speculazioni identitarie, strumentalizzazioni politiche, degenerazioni commerciali hanno da tempo sfigurato il cosiddetto “spirito della festa” rendendolo irriconoscibile sotto una coltre di retorica e di merci da consumare. Ogni Natale è così, sempre di più.

Ma non questo Natale. Questo è il Natale della pandemia, delle solitudini, dei confinamenti, del dolore individuale e collettivo. Dello strazio delle assenze, delle improvvise distanze e delle insopportabili separazioni. E dunque abbiamo bisogno di tutte le nostre risorse, anche di quelle che avevamo accantonato ritenendole consunte e inefficaci.

Magari ricominciando a interrogarci su cosa sono davvero questi giorni e perché l’umanità da sempre vi ha costruito intorno riti particolari. Ci sarà una ragione ha fatto notare Carlo Rovelli – se nei giorni più brevi, freddi e duri dell’anno gli uomini, ancor prima che lo prescrivessero le religioni, hanno sempre avvertito il desiderio di avvicinarsi, di stringersi, di riunirsi. Nei giorni in cui il sole in cielo fatica ad alzarsi, sulla terra si celebra la spinta a non separarsi, a non disperdere legami e calore.

Qualcosa di così antico e profondo che nemmeno la peggiore compulsione consumista (o il riscaldamento globale) sono riusciti a seppellire del tutto. O almeno questa è la speranza – anzi la necessità – di questo Natale. Abbiamo imparato, con molta fatica e mai definitivamente, che quei gruppi potevano essere più larghi di una famiglia o una tribù. Abbiamo sintetizzato in un sentimento un po’ astratto –solidarietà – quella qualità umana. Ma al fondo c’è un’intuizione o un’aspirazione antica e combattiva, cui solo il più grande dei poeti poteva dare un nome quando, contro il fato della natura matrigna (una catastrofe naturale o un morbo), invocava “la social catena” degli uomini confederati.

Cui magari potremmo aggiungere, come un segno collettivo di speranza, la capacità dell’umanità contemporanea di generare cura, terapie, vaccini. … leggi tutto

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