Vero che siamo tutti molto provati dal Covid. Vero che due milioni di contagiati e 70mila morti è la più grande catastrofe dopo la guerra.
Vero che questa tragedia sanitaria, sociale ed economica tocca direttamente o indirettamente molti di noi. Vero che non ne possiamo più di mascherine, distanziamento sociale, lockdown. Bene che in tempi record la scienza e l’industria farmaceutica siano arrivati a produrre il vaccino.
Bene che ci sia il simbolico vaccine day in tutta Europa. D’accordo che quest’anno è un Natale talmente surreale e straniante che ci saremmo attaccati a qualsiasi cosa pur di poter respirare un po’ d’aria di festa, vedere una qualche lucina e brindare in allegria.
Ma tutta questa copertura mediatica del viaggio del furgoncino della Pfizer, seguito passo passo come se trasportasse Gesù Cristo a salvare il mondo dall’apocalisse, crea un’attesa messianica che mi pare del tutto fuori luogo e credo anche controproducente (c’è il vaccino, siamo a cavallo) rispetto alle molte difficoltà che ancora ci aspettano per i prossimi mesi. Poi sempre lunga vita al vaccino, ben inteso.