Perché Stato e Regioni si pestano i piedi (ilpost.it)

Ce lo siamo chiesti tante volte in questi mesi 
di emergenza sanitaria: cosa dice la Costituzione 
e cosa cambiò la riforma del 2001

«La invitiamo e la diffidiamo a revocare l’ordinanza regionale ricordandole le gravi responsabilità che potrebbero derivare dalle misure da lei introdotte riguardo alla salute dei cittadini», hanno scritto alcuni giorni fa i ministri dell’Autonomia regionale Francesco Boccia e della Salute Roberto Speranza al presidente dell’Abruzzo Marco Marsilio. Marsilio, esponente di Fratelli d’Italia, aveva firmato un’ordinanza con la quale aveva autonomamente decretato il passaggio della regione da zona rossa a zona arancione.

Negli ultimi mesi, durante la gestione dell’emergenza sanitaria, si sono verificati diversi contenziosi tra governo e presidenti di regione che, nei territori che gestiscono, hanno preso decisioni indipendenti, discostandosi da quanto stabilito a livello nazionale nei vari decreti del presidente del Consiglio dei ministri (DPCM) e rendendo necessario l’intervento della magistratura per stabilire chi avesse il potere di decidere cosa e quale dei due provvedimenti fosse legittimo.

Questa situazione deriva dalle norme fissate nella parte di Costituzione, il Titolo V, che regola i rapporti tra Stato e regioni. Il Titolo V è stato riformato nel 2001 e da allora alla Corte Costituzionale sono stati presentati circa 1.800 ricorsi, sia da parte dello Stato sia da parte delle regioni, e su diverse materie.

Molti altri ricorsi sono stati depositati ai tribunali amministrativi regionali (TAR). Che il sistema funzioni con difficoltà è chiaro da diversi anni, e durante la pandemia le conseguenze di questo malfunzionamento diventano forse più evidenti. Come si è arrivati fino a qui? E quali sono i principali problemi?

La riforma del 2001
A partire dal 2001 l’articolo 114 del Titolo V della Costituzione stabilì che la Repubblica fosse «costituita» da comuni, province, città metropolitane, regioni e Stato, e non più «ripartita» in regioni, province e comuni.

La Repubblica, dunque, venne riconfigurata secondo un ordinamento generale di cui lo Stato è in qualche modo parte e di cui regioni ed enti locali sono componenti con pari dignità istituzionale: «enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni» dice la Costituzione.

Il nuovo Titolo V ha garantito alle regioni autonomia in campo finanziario e anche legislativo, dandogli il potere di dettare norme di rango primario, e ha ridotto l’ambito della potestà legislativa del Parlamento, sia per quanto riguarda le materie di competenza sia per quanto riguarda i metodi della legislazione … leggi tutto

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