Prima “invasori” e poi “untori”. Ecco come sono visti i migranti nell’anno della pandemia (articolo21.org)

di Angela Caponnetto

“Siamo troppo provati e stressati per pensare 
al dolore degli altri, anche se questo è più 
doloroso del nostro”. 

Questa frase mi è stata pronunciata in questi giorni di fine anno da un’ anziana signora mentre mi faceva osservare che non ci si può curare dei diritti negati a chi ė “altro” da noi, soprattutto se straniero migrante,  perché abbiamo altro a cui pensare, troppo presi dalla “nostra” vita stravolta dal virus.
In questa frase è racchiuso quello che l’anno della pandemia ha provocato in molte persone che hanno scoperto per la prima volta di essere vulnerabili di fronte alla Natura. La generazione che non ha vissuto le grandi guerre del 1900 ha dovuto affrontare un mostro subdolo perché senza volto, infido, insinuante e letale.

Solo uniti e solidali si poteva combattere ma eravamo troppo impreparati e forse in parte incapaci di totale condivisione e solidarietà. Ci siamo detti che eravamo tutti sulla stessa barca eppure, nello stesso momento in cui si pronunciava questa frase, le barche, vere e metaforiche affondavano con centinaia di persone dentro mentre altri come la signora troppo stressata dalla pandemia si giravano dall’altra parte per non guardare il dolore degli altri.

Anzi l’ altro diventava un problema in più: soprattutto se arrivato da lontano. Così nell’anno della pandemia, lo straniero sul barcone o in cammino dai monti dell’Europa dell’est, non è solo un invasore: il migrante nell’anno della pandemia per qualcuno diventa anche un “untore” .

Perciò chi  arriva dal mare, in mare rimane: trasferito subito dopo lo sbarco per 15 giorni di quarantena su navi tenute in rada davanti le coste siciliane. Chi arriva via terra, cacciato a suon di botte o rinchiuso in ghetti alle frontiere.  Lontano dagli occhi lontano dal cuore.

Lo straniero migrante però – quando non viene fermato prima o quando non muore durante il tragitto – ha continua a superare i confini della fortezza europea e a vivere accanto a noi. In un modo o nell’altro la persona migrante c’è, esiste, va vista e accolta forse anche con maggiore attenzione rispetto a prima. Proprio perché in un periodo di crisi sanitaria ed economica non si può lasciare indietro chi è più debole: perché lasciare indietro l’altro fa perdere tutti … leggi tutto

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