La scuola pubblica deve garantire la mobilità sociale (ilsole24ore.com)

di Natalino Irti

Dolorose – per chi ha trascorso oltre mezzo 
secolo nelle aule scolastiche – le pagine, 

che Ignazio Visco dedica all’istruzione nella lectio magistralis, tenuta il 16 dicembre nel Gran Sasso Science Institute, la Scuola universitaria superiore dell’Aquila. Quella che chiamerei “prosa della Banca d’Italia”, concisa e sobria, fatta di brevi e dense proposizioni, più assertiva che argomentativa, rivela, tutta nuda e grave, la situazione del nostro Paese.

L’accento del Governatore non cade soltanto su profili di discipline e contenuti, ma, con inattesa e ferma energia, su disuguaglianze sociali e «diminuzione del “grado di mobilità sociale inter-generazionale”, ossia della possibilità per i figli di passare a uno status sociale diverso da quello dei loro genitori».

Né si tace che i vecchi e fragili edifici scolastici non sono «all’altezza del ruolo che la formazione ha per il progetto di vita dei giovani, soprattutto per coloro che muovono da contesti familiari o ambientali svantaggiati»; né che «il ricorso ampio e persistente alla didattica a distanza può inoltre ampliare il divario tra quanti possono contare su un adeguato sostegno in ambito familiare e quanti non possono contarvi»; né – quasi raccogliendo i diversi rilievi – che «nel nostro Paese resta molto forte la correlazione fra i risultati degli studenti e il livello di istruzione della famiglia di provenienza, legame che rischia di rafforzarsi nelle attuali circostanze».

Si sono trascritti questi luoghi della lectio per mostrare la scabra serietà della autorevole denuncia. In cui vibra la memoria – o, comunque, il lettore può avvertirla secondo la personale sensibilità – di un’altra Italia: dove la scuola pubblica determinava o favoriva la “mobilità sociale”.
E anzi, più propriamente, la scuola pubblica e l’esame di Stato: istituti che appartengono alla tradizione più alta del liberalismo, e che vediamo anche accolti dalla Carta costituzionale … leggi tutto

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