Francisco Pérez, Africa is a Country, Stati Uniti (Traduzione di Federico Ferrone)
Molti si aspettano che Ngozi Okonjo-Iweala, l’ex ministra delle finanze e degli esteri della Nigeria, diventi la prossima direttrice dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto).
Okonjo-Iweala era candidata alla presidenza della Banca mondiale nel 2012, prima che l’ex presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, scegliesse il suo connazionale Jim Yong Kim per l’incarico.
Durante le sue campagne per diventare presidente della Banca mondiale e della Wto, molti commentatori hanno sottolineato l’importanza di avere una donna nera e africana alla guida di una delle principali istituzioni finanziarie, sostenendo che è un “momento decisivo per l’Africa, a lungo soffocata da potenze straniere e istituzioni finanziarie”.
La corrente di sinistra del continente, tuttavia, dovrebbe rifiutare la politica della rappresentanza fine a se stessa: se tutto si riducesse ad avere una donna nera e africana che pratica le stesse politiche neoliberiste responsabili di ostacolare lo sviluppo economico dell’Africa, allora si tratterebbe di una rappresentanza controproducente.
L’erede del Gatt
Insieme al Fondo monetario internazionale (Fmi) e alla Banca mondiale, la Wto forma l’“empia trinità” di istituzioni internazionali che governano il commercio globale e il sistema finanziario, a favore delle grandi aziende multinazionali e dei loro azionisti e a svantaggio degli ecosistemi e dei lavoratori nel resto del mondo. La Wto è stata fondata nel 1995 all’apice del trionfalismo neoliberista successivo alla guerra fredda.
Ha sostituito il più generico Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (Gatt) con un’organizzazione permanente in grado di sanzionare più facilmente i paesi che cercavano di limitare il commercio internazionale, grazie a un meccanismo di risoluzione delle dispute tra stati (recentemente sabotato dagli Stati Uniti) … leggi tutto