L’eredità di Barth e Bonhoeffer (doppiozero.com)

di Sergio Bologna

Quando m’iscrissi alla facoltà di teologia 
evangelica dell’Università di Magonza per 
acquisire quelle conoscenze che mi erano 
indispensabili per affrontare l’argomento 
della mia tesi di laurea, 

la Germania Occidentale portava ancora evidenti le ferite e le mutilazioni della guerra. Era dicembre 1958, chiese diroccate, edifici semidistrutti, muri anneriti dalle fiamme, interi spazi cittadini coperti di macerie… tutto raccontava quanto i tedeschi avessero loro stessi sofferto dopo aver inflitto sofferenze inaudite a tanti popoli. Ma il clima che imperava, il discorso pubblico, erano quelli di un’impressionante rimozione collettiva. Sebald, con la consueta secchezza, nel saggio Luftkrieg und Literatur ne parla e sembra quasi dire che i tedeschi si vergognavano delle sofferenze subite con i bombardamenti.

Racconta episodi agghiaccianti, come quello della madre che corre per prendere un treno, la valigia che ha in mano si apre improvvisamente e rotola fuori una specie di fagotto nero, è il corpo carbonizzato della sua bambina, che lei si portava dietro, nel misero bagaglio di profuga. Rimozione, vergogna delle proprie sofferenze. Era questo il prezzo da pagare per poter rendere accettabile la rimozione del passato nazista?

Per poter giustificare la mancata denazificazione? Fior di personaggi con un passato nazista di un certo rilievo alle spalle occupavano cariche pubbliche. Ricordo il professor Joseph Lortz, uno dei docenti della Facoltà di teologia di Magonza, storico della Riforma, cattolico, aveva studiato a Roma, con me fu prodigo di consigli e di incoraggiamenti. Nella biblioteca di Facoltà si trovava a catalogo un suo opuscolo del 1938 in cui egli sosteneva la conciliabilità tra la dottrina cristiana e la dottrina nazista. Un altro, al suo posto, forse l’avrebbe fatto togliere. Nessuno osava rinfacciarglielo.

Solo negli Anni 60, dopo che la DDR aveva eretto il Muro di Berlino, la Germania Occidentale cominciò ad affrontare il confronto con il passato nazista. La storiografia parlava di colpa collettiva, i tedeschi occidentali non potevano continuare a far finta di nulla e Adenauer ormai era logorato. La stessa amicizia con gli Stati Uniti non si saldava più nell’anticomunismo ma nella fedeltà alla democrazia parlamentare.

Discussa la mia tesi di laurea, mi accinsi a scrivere un libro sulla resistenza tedesca al nazismo. Il peso della storiografia comunista era schiacciante, dovevo per forza lavorare su biblioteche della DDR, per comodità scelsi la Humboldt di Berlino est.

A ovest c’era molta resistenza anche a riconoscere il ruolo dell’opposizione all’interno dell’esercito (von Stauffenberg, l’attentato a Hitler), all’interno dei circoli della nobiltà prussiana (Kreisauer Kreis, von Moltke) e della gioventù cattolica (la Rosa Bianca) … leggi tutto

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