La cooperante Silvia Maraone ci racconta la crisi umanitaria sulla rotta balcanica.
A far più paura è la polizia croata, che «non risparmia nessuno, nemmeno i minori non accompagnati»
«Siamo duri a morire». Davanti alla telecamera del cellulare Silvia Maraone sorride. Ha bisogno di tutta la sua carica per andare avanti. Da quattro anni è sulla rotta balcanica, tra Serbia e Bosnia, a lavorare come cooperatrice per l’Ong Ipsia-Acli. Durante la sua permanenza in quelle zone ne ha viste tante, tantissime, ma quest’anno la situazione nei campi profughi è particolarmente dura.
L’inverno rigido e le nevi fino a febbraio stanno mettendo a dura prova la resistenza dei migranti bloccati ai confini d’Europa, nell’altipiano bosniaco battuto incessantemente dai venti. Dopo l’incendio al campo di Lipa, avvenuto lo scorso 23 dicembre, i volontari e gli operatori stanno continuando a montare tendoni di fortuna e, negli ultimi giorni, tensostrutture. Che però non bastano a difendere i migranti dal freddo e dalle malattie.