In Myanmar la violenza dell’esercito aumenta ogni giorno, dozzine i morti ammazzati per impedire le manifestazioni contro il golpe
Caro Direttore, ti scrivo di corsa.
Siamo alla conta dei morti. Le manifestazioni di questi giorni hanno avuto epiloghi tragici in tutto il paese. Moltissimi i morti. Che si sommano a quelli dei giorni prima. E a quelli dei giorni prima ancora. E le cifre non sono chiare.
Le strade non sono sicure né a Rangoon né nel resto della Birmania. Un po’ ovunque mi riferiscono di sparatorie e colpi di arma da fuoco singoli (come di cecchini). Anche in contesti e orari tranquilli. È evidente lo scopo intimidatorio per dissuadere la gente dallo scendere in strada.
Si punta sul terrore. Il taxista amico mi riferisce che la loro radio parla di sparatorie a Mandalay nei pressi della moschea e della chiesa protestante. Ci sono morti fra la gente che stava camminando sul marciapiede per andare a fare la spesa. Come pure si parla di altre persone prelevate da casa senza motivo. C’è un salto di violenza. La persona che dovevo incontrare per lavoro si è rifiutata di uscire di casa.
Il dramma è anche che le famiglie dei morti spesso non hanno neanche le salme su cui pregare e dare l’ultimo saluto. Questo anche per un fatto, per noi banale ma di cui forse un giorno si dovrà tener conto: molti birmani non hanno documenti. Quello che per noi è scontato (per esempio: la carta d’identità) qua è un lusso che non tutti hanno. Ergo: se un “senza documenti” muore nessuno lo troverà mai. Non risulterà su nessun elenco ufficiale. Sparito. Quando si parla di diritti qui si parla anche di questo! Sono cose per noi scontate: la carta d’identità!
Anche in Birmania le foto della suora in ginocchio davanti alla polizia hanno avuto grande risalto. Forse queste immagini possono cambiare le cose più di tanti altri sforzi. A proposito di immagini, io faccio fatica a staccarmi dalle facce dei morti che ho visto. I generali vogliono far sentire il pugno duro … leggi tutto