di Matteo Pascoletti
All’indomani dell’attentato di Macerata, su Valigia Blu abbiamo parlato apertamente di atto terroristico, invitando a fare altrettanto.
Perché consapevoli che azioni di questo tipo sono facilmente derubricate a «isolati gesti di un folle», o sono attribuite a fantomatici «lupi solitari» sbucati fuori dal nulla, senza alcun background politico. Successe persino ai tempi degli attentati del 2011 in Norvegia: Vittorio Feltri sul Giornale pensò bene di domandarsi perché i giovani non si erano ribellati al solitario Anders Breivik; Marcello Veneziani, sulla stessa testata, parlò di un malato di mente.
In ciò entrambi applicavano uno schema che, negli anni, di strage suprematista in strage suprematista abbiamo imparato a riconoscere, e non soltanto in Italia: quando a sparare è un maschio bianco, si tende a parlarne in termini di malattia mentale, e non di azione lucida e premeditata. Donald Trump, nel primo comizio dopo le stragi di El Paso e Daytona, ha puntato il dito contro il «problema della malattia mentale» … leggi tutto