Isolata per anni nell’alienazione digitale, l’Ue ha fissato nuovi standard per quanto riguarda la protezione dei dati e la privacy, contrastando in parte il controllo esercitato dalla Silicon Valley. Ma con l’arrivo delle applicazioni che sfruttano l’Ia (Intelligenza artificiale), le aziende cinesi entrano in campo a loro volta per aggiudicarsi una fetta del mercato.
Sette anni. Questo è, più o meno, il tempo che è servito alle startup cinesi di Ia (Intellingenza artificiale) per mobilitare le loro forze, dopo aver cavalcato l’onda della rivoluzione del deep learning. Una volta raggiunto il punto di massa critica, con una competenza particolare nella computer vision – un insieme di tecniche che consentono ai computer di “vedere” e “capire” le immagini digitali – adesso si stanno espandendo nei paesi facenti parte della Belt & Road Initiative (BRI).
In Malesia, SenseTime – la startup di Ia più quotata al mondo – sta prendendo parte alla costruzione di un polo scientifico-tecnologico da un miliardo di dollari a Kuala Lumpur, e sta migliorando le capacità di sorveglianza dello Stato.
In Pakistan, Megvii – che sta per candidarsi all’ingresso in borsa a Hong Kong – sta installando nelle nuove centrali elettriche sistemi di riconoscimento facciale, e ha già lanciato progetti per fabbriche “smart” in Giappone e in Corea del Sud … leggi tutto